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Rotabili della tranvia a vapore Roma-Tivoli

LA TRANVIA PORTONACCIO-MARINO

     
 

Vedi anche: Lo scandalo della The Milan Tramways Company Limited

 
     
 

 
Una locomotiva con meccanismo Brown forse ripresa sulla Portonaccio-Marino
A destra, confronto fra meccanismo convenzionale (a) e meccanismo Brown (b). C, cilindro motore; Z, bilanciere; B, biella; M, manovella.
Il fatto che la macchina abbia repulsori di tipo normale fa supporre che si tratti di una Carels della Roma-Tivoli passata alla Portonaccio-Marino.

 
     
 

Negli anni '80 del XIX secolo è esistita una tranvia a vapore che collegava Marino con Ciampino e (presumibilmente non dalle origini) con Roma. La testimonianza più diretta della sua esistenza sono gli orari pubblicati sulla stampa dell'epoca, secondo i quali vi correvano tre corse di andata e tre di ritorno con una percorrenza di circa 75 minuti, e la cronaca dell'inaugurazione pubblicata sulla rivista Ingegneria Ferroviaria. La sua esistenza è stata tanto fugace da non lasciare quasi traccia. Inaugurata nel 1880 risulta chiusa all'esercizio già nel 1889, quando gran parte del suo tracciato è stato utilizzato per prolungare fino a Roma la ferrovia che da Albano muoveva fino a Campoleone, e di li ad Anzio e Nettuno sul tracciato ancora esistente (solo in parte corretto nella penetrazione urbana di Anzio).

Ripercorrerne la storia è un impresa quasi impossibile, stante la quasi totale mancanza di notizie certe. Le fonti consultabili sono spesso contraddittorie tra loro, ed in non pochi casi ci si deve accontentare di riferimenti controversi e vagamente allusivi, che si prestano a più di un interpretazione.

Le sue origini affondano nel progetto di una non meglio definita "Ferrovia dei Castelli Romani", una infrastruttura che fin dal 1874 risulta illustrata con caratteristiche di costruzione ed esercizio contraddittorie: proposta inizialmente a scartamento ridotto sulla relazione Ciampino-Genzano, viene approvata dal Parlamento nel 1875 a scartamento ordinario come Roma-Nemi, ed infine realizzata sull'itinerario Ciampino-Albano-Marino nel 1880 con lo scartamento ordinario. Tra queste tre tappe fondamentali numerosi documenti (spesso anonimi appunti, rimasti per caso tra cumuli di vecchie scartoffie in miscellanee mai ordinate), si prestano ad una ridda di interpretazioni tali da far ritenere che, salvo sorprese, non sarà mai possibile ricostruire con dovizia di particolari e con sicurezza la sua storia.

La primogenitura di questo progetto risale al 1874, quando Giuseppe Augusto Cesana, un giornalista ed imprenditore attivo nel campo dei periodici, presenta una documentata relazione, corredata di figurini del materiale rotabile e delle infrastrutture, intitolata "Ferrovia Economica tra Roma e Genzano". Il principio ispiratore ce lo espone lo stesso autore nella premessa:

 
     
 
  "... Sarebbe oggi cosa superflua, per non dire ridicola, voler giudicare le ragioni per le quali chi tracciò la linea ferroviaria Roma-Napoli preferì tenersi ai piedi dei Colli Albani anziché salire sul fianco occidentale dei medesimi. Il fatto è che in questo modo alcune cospicue località come Castelgandolfo, Ariccia e Genzano furono private del beneficio della locomotiva, e altre come Marino e Albano non la veggono passare che a qualche chilometro di distanza, prestando quasi per ironia il nome a due stazioni..."
 
     
  La prima ferrovia per Napoli, in effetti, aggirava i Castelli Romani senza penetrarvi. Da Roma seguiva l'attuale tracciato per Ciampino e Velletri, da dove poi proseguiva in direzione di Segni per innestarsi sul tracciato dell'attuale linea per Cassino. Fino al 1870 fu una vera e propria ferrovia internazionale tra il Regno d'Italia e lo Stato Pontificio, e già prima del 1861 una guida dell'epoca ci informa che nelle stazioni di Isoletta e Ceprano si effettuano soste prolungate per le operazioni di dogana. Nell'orario del 1864 troviamo un movimento complessivo di 20 treni sull'intera linea: per quanto riguarda il Lazio un treno parte per Napoli alle 10,20 (percorrenza 7,55 h...), tre per Ceprano alle 6,30, 10,50 e 17,05 e uno per Velletri alle 4,20.

Il Cesana, che in documento della Società Belga del tram Roma-Tivoli viene definito "pubblicista", propone la costruzione di una ferrovia economica che da Ciampino raggiunga Genzano transitando per i paesi menzionati nella premessa. L'attestazione a Ciampino è un esigenza delle leggi allora in vigore, che non consentono la costruzione di ferrovie economiche e tranvie in concorrenza alle linee ordinarie già esistenti. In questa primitiva proposta il Cesana parla di ferrovia "a piccolo binario", espressione che vuole significare l'adozione dello scartamento ridotto, e ciò in ragione della evidente difficoltà del tracciato.

La prima ferrovia per Napoli, in effetti, aggirava i Castelli Romani senza penetrarvi. Da Roma seguiva l'attuale tracciato per Ciampino e Velletri, da dove poi proseguiva in direzione di Segni per innestarsi sul tracciato dell'attuale linea per Cassino. Fino al 1870 fu una vera e propria ferrovia internazionale tra il Regno d'Italia e lo Stato Pontificio, e già prima del 1861 una guida dell'epoca ci informa che nelle stazioni di Isoletta e Ceprano si effettuano soste prolungate per le operazioni di dogana. Nell'orario del 1864 troviamo un movimento complessivo di 20 treni sull'intera linea: per quanto riguarda il Lazio un treno parte per Napoli alle 10,20 (percorrenza 7,55 h...), tre per Ceprano alle 6,30, 10,50 e 17,05 e uno per Velletri alle 4,20.

Il Cesana, che in documento della Società Belga del tram Roma-Tivoli viene definito "pubblicista", propone la costruzione di una ferrovia economica che da Ciampino raggiunga Genzano transitando per i paesi menzionati nella premessa. L'attestazione a Ciampino è un esigenza delle leggi allora in vigore, che non consentono la costruzione di ferrovie economiche e tranvie in concorrenza alle linee ordinarie già esistenti. In questa primitiva proposta il Cesana parla di ferrovia "a piccolo binario", espressione che vuole significare l'adozione dello scartamento ridotto, e ciò in ragione della evidente difficoltà del tracciato.

Nella previsione progettuale il Cesana indica una spesa complessiva per la costruzione di 1.600.000 lire dell'epoca, ovvero circa 80.000 lire al Km. Il costo chilometrico viene indicato al di sopra della media per questo tipo di costruzioni, di 64.000 lire al Km calcolato sui costi di due ferrovie svedesi, la Lillestrommen-Kongswinger, ordinaria (80.000 lire Km), e la Hamar-Elwern, economica a scartamento ridotto (44.000 lire Km); non attraversando territori di particolare valore, ed anzi seguendo il tracciato delle strade esistenti, il contenimento dei costi viene ridotto al minimo essenziale per un numero praticamente esiguo di espropri.

L'anno successivo, il 6 luglio del 1875 per la precisione, il Parlamento approva il progetto di una linea economica a scartamento ridotto da Roma a Nemi, approvando la concessione al signor "Giuseppe A. Cesana, richiedente e progettista". Rispetto alla relazione del 1874 troviamo la stessa linea da Ciampino a Genzano, con due prolungamenti verso la cittadina di Nemi da una parte e verso Roma dall'altra. Quest'ultimo anticipa in parte il futuro tracciato della STEFER dal momento che si dovrebbe partire da Santa Maria Maggiore e transitare per "piazza Vittorio Emanuele e via Emanuele Filiberto per superare la Porta San Giovanni e proseguire lungo la via Appia fino a Ciampino".

Forte di questa solenne approvazione Cesana si muove alla ricerca di finanziatori e sostenitori, dal momento che non compete allo Stato questo tipo di lavori, e spilla una somma enorme ai Comuni interessati dal passaggio della ferrovia. Documenti dell'epoca ci parlano di ben 450.000 lire elargite in quote che vanno dalle 200.000 di Albano alle "sole" (si fa per dire), 20.000 di Nemi, ma è qui che inizia una lunga serie di punti oscuri, che poco o nulla ci dicono sul come si arriva all'inaugurazione della tranvia a vapore per Marino. Proviamo ora a ripercorrerli.

C'è anzitutto un lungo silenzio nelle fonti archivistiche disponibili. Dal 1875, infatti, troviamo un atto ufficiale relativo al progetto Cesana solo nel 1879. Documenti conservati presso l'archivio della Provincia di Roma riportano di una riunione che si sarebbe svolta quell'anno tra i Comuni interessati, nella quale il Cesana assume formale impegno di portare a termine la sua opera entro il 31 dicembre 1880. Disgraziatamente si parla soltanto di una generica "Ferrovia dei Castelli Romani", e non vi è alcun riferimento ai progetti precedenti, o anche alla linea che in effetti sarebbe stata inaugurata l'anno successivo. Ma in un opuscolo scovato presso la Biblioteca Romana, ad opera di un operatore finanziario milanese che intende mettere in luce l'operato non del tutto pulito della "Società Anonima dei Tramways e delle Ferrovie Economiche di Roma, Milano, Bologna, etc", la società del tram Roma-Tivoli, si scopre che il Cesana è nello stesso periodo di questa riunione membro del Consiglio d'Amministrazione della TFE stessa.

 
     
 

  
Due fabbricati oltremodo simili che sono probabilmente stazioni della Portonaccio-Marino: al capolinea di Marino, al termine di quella che è oggi via C. Colizza, e in località Tavolato sulla v. Appia Nuova. Una interrogazione al Consiglio comunale del 19 gennaio 1881 parla di una proposta di installazione di una linea tramviaria sulla via Appia; non è noto se la cosa possa mettersi in relazione con la tramvia per Marino

 
     
  Secondo questo opuscolo la TFE aveva già dal 1877 "la concessione della ferrovia dei Castelli Romani, coi piani, preventivi e studi", ed anche negli atti della Provincia di Roma si trova analoga conferma.

Questa notizia lascia supporre che il Cesana si sia impegnato in nome e per conto della società, ma la TFE non è mai nominata in questo documento. La cosa non stupisce dal momento che da altra documentazione (tra cui una interrogazione del 1881 e una mozione per il finanziamento della ferrovia Roma-Albano-Nettuno del 1887 al Consiglio Comunale di Roma), si apprende che tale cessione viene ufficialmente registrata solo nel maggio del 1880, quando la tranvia a vapore per Marino è già in avanzata fase di costruzione. Questo ritardo potrebbe essere spiegato tenendo nel debito conto che la TFE era un'impresa che non disdegnava la malversazione, e che gran parte del suo operato viene alla luce quando gli ambienti finanziari della Borsa di Milano si trovano di fronte ad una colossale truffa messe in piedi da Lucièn Tant e Maurice Le Tellier, suoi fondatori, che esordiscono sulla piazza milanese mettendo in piedi una prima azienda fantasma, col solo scopo di accumulare una somma di denaro sufficiente a varare una successiva offerta pubblica di acquisto di azioni.

La vicenda risale al 1876, quindi all'anno precedente l'acquisizione dei diritti sulla Ferrovia dei Castelli Romani, ma è sintomatica del clima in cui tale progetto arrivò ad una concreta realizzazione. Nel periodo in cui il Cesana vi entra la Belga ha lanciato un offerta pubblica per 3.450.000 franchi oro della "Società Anonima dei Tramways e delle Ferrovie Economiche di Roma, Milano, Bologna, etc", fondata il 17 dicembre 1877 sulle ceneri della preesistente società del 1876, fondata in due tempi (In Belgio e in Italia), rispettivamente il 14 agosto e il 28 dicembre, quella che nella ragione sociale presenta la dizione "di Roma e Milano". La Belga aveva allora in esercizio solo 27 Km di tranvie, il tronco Milano-Saronno della Milano-Tradate e la prima tranvia a cavalli di Roma, la P.le Flaminio-Ponte Milvio aperta all'esercizio nell'estate del 1877, per un totale di 127.777,77 franchi al chilometro, "più di quanto costi un tratto di ferrovia ordinaria", nota l'autore di questa inchiesta.

La fondazione della seconda società avviene senza che nessuno si fosse preoccupato di sciogliere la prima, cosicché risultano operanti nello stesso momento due aziende legalmente indipendenti ma formate in realtà dalle stesse persone, o quasi, ed entrambe (SIC!) titolari delle stesse concessioni. Sul monitore ufficiale Belga (l'equivalente della nostra Gazzetta Ufficiale), non vengono annunciati ne lo scioglimento della prima società belga, ne l'offerta pubblica di acquisto ora citata, che in Italia viene dichiarata contemporaneamente aperta anche a Bruxelles nei giorni 20-22 febbraio 1878.

 
     
 
Per la cronaca, la TFE riuscì a spuntarla nel processo intentato dagli azionisti frodati, per merito principale del signor Ravizza, l'ex direttore "frodato", che cambiò la propria versione dei fatti e produsse una serie di documenti (quasi certamente fasulli), che davano ragione alla Belga. Quest'ultima, ovviamente, si era preoccupata nel frattempo di riassumerlo con incarichi più alti, e non è escluso gli abbia concesso una cospicua somma a titolo di corruzione, circostanza che al processo venne strenuamente contestata dagli avvocati che rappresentavano gli azionisti della "The Milan Tramways Company Limited
 
     
  E a Roma, più o meno nello stesso periodo, la Belga ha avviato i primi cantieri della tranvia Roma-Tivoli, inizialmente prevista con la trazione a cavalli, ma non appena ottenuta dal Cesana la concessione della Ferrovia dei Castelli Romani presenta istanza per esercitare anche la linea di Tivoli con lo stesso sistema di trazione, concessione che viene rilasciata nel 1879, a pochi mesi dall'inaugurazione del 1 luglio. Titolare di entrambe le linee appare presumibile che la TFE intendesse unificare non soltanto i criteri di costruzione e gestione, ma anche entrambe le relazioni. Ed in effetti un appunto anonimo conservato tra le scartoffie del Protocollo Generale dell'Archivio Storico Capitolino (Titolo 86), informa che "è costruendo è il tratto di rotaje che congiunge i nuovi tramways".

Tenendo conto che a Roma esiste all'epoca solo la linea della via Flaminia, e che non si arriva ad una congiunzione dei singoli tronchi se non dopo il 1890, diviene credibile l'ipotesi che questi nuovi tramways siano le due linee per Tivoli e Marino, e che quindi la congiunzione Portonaccio-Ciampino fosse in costruzione fin dallo inizio. Si darebbe quindi ragione all'opuscolo che rivela le attività della TFE quando parla della "Ferrovia da Roma ai Castelli". E del resto l'appunto manoscritto è stato apposto in calce ad un foglio a stampa dove sono indicati alcuni aspetti tecnici delle rotaie utilizzate dalla TFE per la costruzione della tranvia lungo la Flaminia.

 
     
 


Orario della Portonaccio-Marino nel 1887 (da Il Cracas, annata 1887-1888, n. 1).
In tale anno la linea effettua capolinea a Santa Bibiana, in comune con la tranvia Roma-Tivoli

 
     
  Tuttavia il 3 maggio del 1880 un certo ing. Gerolamo Taddei presenta un esposto alla Provincia di Roma, nel quale rivendica di aver rilevato dalla TFE la concessione per la costruenda (o quasi), linea per Marino. Il Taddei viene indicato come rappresentante della Westinghouse, ma in documenti precedenti (che risalgono anche al 1875), lo troviamo nel ruolo di procuratore legale del Cesana, e co-firmatario sia del progetto approvato dal Parlamento nel 1875, sia della convenzione del 1879 con la quale il Cesana stesso, non si sa se per conto della TFE o ad altro titolo, si impegnava a portare a compimento il progetto entro l'anno successivo. Il Taddei vanta un impegno di massima col comune di Albano, il quale a sua volta aveva stipulato una convenzione con la società belga per una non meglio indicata "ferrovia a vapore" ma successivi riferimenti nella documentazione disponibile lasciano credere che in luogo di una vera e propria cessione si era arrivati solo ad un accordo di massima. Tra l'altro il comune di Albano si era fatto promotore di una tranvia diretta lungo la via Appia con la trazione a vapore, secondo un intendimento portato avanti trattando con la STFER.

Circa i diritti della linea, tra l'altro, sappiamo da Angelo Colombo che

 
     
 
  "... La concessione della ferrovia economica tra Roma e i Castelli (legge 5/8/1875), che ha formato la base della Società Belga del 14/10/1876, le è stata apportata in virtù della procura notarile registrata a Roma in settembre 1876 dal signor A. Cesana, concessionario originario, il quale ha ricevuto 30.000 lire in denaro e circa 350 azioni di 500 franchi; il signor Oblieight le ha fatte riscattare da codesti signori durante il soggiorno a Roma del sig. Le Tellier in ragione di 350 lire cadauna, mediante tratte in favore del signor C. Lemaieur, allora moribondo..."
 
     
  Il signor Oblieght, qui citato, è il primo concessionario della tranvia a cavalli da p.le Flaminio a Ponte Milvio e "proprietario di 32.211 metri di terreni" lungo la via Flaminia, che riceve per questa cessione ben 241.582,50 lire.. Il Lemaieur fa parte del Consiglio d'Amministrazione della prima TFE. Notiamo inoltre che il Cesana incassa circa 205.000 lire, che devono aggiungersi alle 450.000 poc'anzi citate per un totale documentato di 605.000 lire.


Ernesto Emanuele oblieght

L'atto di cessione viene effettivamente rogato da certo notaio Baccelli, lo stesso che ha autenticato la procura del settembre 1876, e viene da chiedersi se anche il notaio non facesse parte di questa cricca di galantuomini dal momento che è teoricamente operante il consorzio tra i comuni istituito a seguito della legge di approvazione del 1875, e la cosa è tutt'altro che improbabile: lo stesso notaio, infatti, risulta aver rogato la cessione della tranvia per Ponte Milvio in favore della seconda società TFE del 1877, ma anche il passaggio della Roma-Tivoli dai primitivi concessionari, tali A. Masetti e E. Fioroli Della Lena, alla prima società del 1876. Subito dopo lo scioglimento a Londra della "The Milan Tramways Company, Limited" il Baccelli ufficializza il passaggio della concessione alla seconda società di fronte alla Deputazione Provinciale di Roma, che non si preoccupa di far notare che non esiste alcun atto ufficiale di scioglimento del primo concessionario, parimenti all'atteggiamento già assunto dai colleghi milanesi sulla concessione della Milano-Saronno. Alla data in cui il Taddei presenta il suo esposto, quindi, i diritti della Roma-Tivoli sono apparentemente in mano a due società sulla carta distinte e separate.

Curioso in fondo è lo stesso cognome del notaio, omonimo (?), del Cav. Desiderio Baccelli, Presidente della Società delle Strade Ferrate Romane, promotore della ferrovia per Anzio e Nettuno che dal 1889 utilizzerà da Albano a Roma proprio il tracciato della tranvia per Marino: il Baccelli cumula anche per un periodo non precisato la carica di Presidente della società belga TFE,

 
     
  Il particolare interessante di questa istanza è comunque che il Taddei si dichiara concessionario della linea che "dalla stazione di Ciampino, per Marino, Castelgandolfo, Albano, Ariccia e Genzano, doveva raggiungere Nemi". Questa precisazione non corrisponde ad alcuno dei due progetti cui ha partecipato assieme al Cesana. Non corrisponde alla Ciampino-Genzano, e nemmeno alla Roma-Nemi. Troviamo quindi ben tre descrizioni diverse in 6 anni di un medesimo progetto, la terza delle quali neanche corrisponde al progetto approvato addirittura con una legge dello Stato. E troviamo un guazzabuglio incredibile di proposte, controproposte, riunioni, convenzioni, progetti, denunce. Troviamo un affarista che spilla quattrini e una società di trasporti costruita su una colossale truffa, ed ancora personaggi minori, ognuno con ragioni e scopi spesso incompatibili tra i singoli ma tutti tesi alla realizzazione di una linea che, per contro, non riesce a prendere una forma definitiva, che viene propugnata ora con lo scartamento ordinario, ora col ridotto, ferrovia economica o ordinaria, tranvia a cavalli, a vapore. e via dicendo  
     
 


Particolare di un immagine panoramica della stazione di Albano nei primi tempi di esercizio dell'intera linea Roma-Nettuno.
Nella foto si nota questa piccola carrozza viaggiatori in composizione a un convoglio merci. L'aspetto coincide con le lacunose descrizioni che abbiamo del materiale rotabile della
Portonaccio-Marino, e potrebbe quindi essere l'unica immagine conosciuta di un veicolo rimorchiato della linea, esattamente, come la loco Carels d'inizio pagina sarebbe l'unica di un mezzo di trazione.
Lo stesso utilizzo in una composizione merci lascia intendere che fosse usata come mezzo di servizio e non in normale servizio viaggiatori, ma ogni ipotesi è ugualmente valida

 
     
  In questa colossale confusione, principalmente dovuta all'insufficienza delle fonti archivistiche disponibili e all'impossibilità di poter legare logicamente tutti i tasselli di questa vicenda, l'unico dato certo è che il 30 ottobre del 1880 viene inaugurata una tranvia a vapore che da una stazione prossima a quella delle SFR (Strade Ferrate Romane), di Ciampino muoveva fino a Marino sul tracciato oggi percorso dai treni delle Ferrovie dello Stato.

La nuova linea non presenta quasi nessuno dei tanti particolari discussi nei sei anni precedenti dal momento che collega un solo paese dei Castelli, anche se il più difficile da raggiungere financo alle carrozze trainate da cavalli per l'unica possibilità di una salita ripida ed oltremodo tormentata dalle curve.

E dal resoconto dell'inaugurazione, riportato dalla rivista "Ingegneria Ferrovaria" apprendiamo che è stata comunque costruita in rigide economie d'esercizio, e con un tracciato a scartamento ordinario ancora più difficoltoso di quello che il Cesana prospettava nel suo progetto del 1874. Viene detto che il treno inaugurale è composto di nove carrozze di proprietà delle Strade Ferrate Romane, trainato da ben tre locomotive a vapore che sono invece già di proprietà dell'esercente. Le tre locomotive servono alla scomposizione del treno alla stazione di Ciampino, dove ad arrampicarsi fino a Marino, su di una salita con una pendenza del 58 per mille (5,8 cm per metro), seguitano tre convogli distinti.

La precauzione serve a poco, dal momento che gran parte dei passeggeri poco ci manca che si dovesse mettere a spingere, e comunque scendono per alleggerire il carico, lasciando a sedere (ovviamente), le signore, e facendosela a piedi per un lungo tratto, tutto in salita.

 
     
 

Circa il primo esercente della linea le notizie sono alquanto dubbie.

E' stato concordemente riferito, fino ad oggi, che la società belga TFE ne assume la proprietà all'incirca due anni dopo, nel 1882. In una pratica della direzione generale delle Belle Arti per la vicinanza del binario ad alcuni beni archeologici si è per contro trovata una lettera della TFE che si assume la responsabilità della salvaguardia dei ruderi a partire dal 1 gennaio 1884. Questa data sarebbe dunque quella del passaggio dal primo concessionario (che rimane al momento ignoto) alla società belga, ma anche questo dato non è certo, dal momento che non troviamo in nessun documento il nome esatto del primo concessionario. E non è nemmeno certo che il prolungamento da Ciampino a Portonaccio sia stato effettivamente costruito successivamente all'inaugurazione, a seguito del passaggio di proprietà, e neanche è mai stato possibile stabilire la data esatta del passaggio alla belga. Tanto per cambiare, anche qui c'è un mistero che è dubbio potrà mai venire svelato. Mistero che parte dagli atti ufficiali della Provincia di Roma, dai quali si deduce che tale prolungamento non è inizialmente previsto. Nella seduta del 26 novembre 1880, infatti, il Consiglio precisa in una mozione che...

 
     
 
  "...nella convenzione fu stabilito che la linea partisse da Roma da una stazione comune con il tramway di Tivoli..."
 
     
  ... e quel "partisse" lascia pensare che le intenzioni, della Provincia e dei Comuni non sono state del tutto attese. Ciò che però contraddice un interrogazione al Sindaco di Roma dell'anno precedente, nella quale come meglio è detto più avanti si parla di lavori di costruzione di un "tramway" lungo la via Appia. E c'è anche dell'altro.

Il contratto col comune di Marino per la costruzione della linea risulta firmato dai signori Augusto Cesana e Gerolamo Taddei il 27 marzo del 1880, a poco più di un mese dalle rivendicazioni del secondo sui diritti della linea. E' l'ultimo atto in cui compare il nome del Cesana, che da questo punto in poi sparisce per essere sostituito da un certo ing. Cesare Villa, ma è anche il primo in cui la società belga ricompare dopo la sparizione del Cesana dal Consiglio d'Amministrazione della seconda TFE del 1877. L'ing. Villa, infatti, risulta agire in nome e per conto dei belgi, e ciò si desume dai suoi scritti e dagli atti compiuti, unicamente favorevoli ai loro interessi.

Non è noto il motivo per cui il Cesana sparisce in modo tanto repentino. E' plausibile che siano intervenute delle divergenze in corso d'opera, e che alla TFE fosse necessario ricorrere ad un nuovo fiduciario, e questo dal momento che il Cesana risulta deceduto nel 1891. Non è da escludersi che questo intraprendente personaggio sia andato a godersi i frutti del suo "lavoro", probabilmente più consistenti delle 605.000 lire di cui sappiamo. Vi è però un ulteriore ipotesi, la rivendicazione dei propri diritti da parte dei comuni facenti parte del consorzio per la Ferrovia dei Castelli Romani, come meglio detto più avanti.

E' l'accoppiata Taddei-Villa che tratta con le Strade Ferrate Romane per il servizio diretto da Marino a Roma, che si prevede inizialmente a mezzo di convogli misti (carrozze della tranvia e carrozze ferroviarie), e questo permette di ipotizzare che da una parte la società belga esercita la tranvia a vapore fin dall'inizio (forse a mezzo di prestanome) dall'altra che la linea inaugurata nel 1880 parte effettivamente da Ciampino, anche se da una stazione indipendente che avrebbe richiesto un eventuale binario di raccordo tra le due reti.

 
     
 

A proposito di quest'ultima cosa, però, troviamo un interrogazione al Sindaco di Roma (seduta del Consiglio Comunale del 27-3-1879), nella quale si esprime preoccupazione per l'impianto di una tranvia lungo la via Appia Nuova, ovvero sul tracciato che il prolungamento avrebbe effettivamente seguito. Questa tranvia altro non può essere che la Portonaccio-Marino, dal momento che il tram urbano, ancora a cavalli, era limitato in quell'anno alla sola linea per Ponte Milvio. Stando a questa iniziativa politica, dunque, erano in corso dei lavori di costruzione di una sede rotabile lungo l'Appia con 24 anni di anticipo dall'apertura del primo tronco urbano della futura rete dei Castelli Romani.

Le caratteristiche del tracciato e le poche notizie sui rotabili impiegati, del resto, denotano una fortissima somiglianza tra la nostra linea e la tranvia a vapore Roma-Tivoli, attiva da poco più di un anno. Il fatto che locomotive a vapore identiche circolino contemporaneamente su entrambe le relazioni lascia intendere che fossero raccordate fin dall'inizio, dal momento che il deposito della Roma-Tivoli si trova al suo capolinea romano (l'odierna piazza dei Caduti del 19 luglio 1943), e non si hanno notizie di una rimessa indipendente. E' anche possibile, ma appare alquanto dubbio dati i tempi, che ci siano stati dei passaggi dall'una all'altra linea, ma l'inesistenza di notizie, fossero anche riferimenti vaghi, alla dotazione di materiale rotabile (si pensi che delle carrozze si sa a malapena che erano a due assi, e lunghe poco meno di cinque metri...), lascia intendere che la linea di Marino non ha avuto una propria dotazione di materiale rotabile.

Fatto sta che la linea inizia la propria attività, e con risultati non del tutto soddisfacenti. Esistono vaghi accenni sulla stampa dell'epoca ed anche in documenti di carattere tecnico in un periodo di particolare fertilità nel campo delle proposte e dei progetti. In qualche cartina, addirittura, troviamo anche il tracciato urbano di questa tranvia, e purtroppo sono tutte successive al 1883, anno in cui il prolungamento si sa per certo già attivo.

L'intero tracciato, comunque, è il seguente: dal Km 3,2 della tranvia per Tivoli, in località Portonaccio, il binario segue la via omonima, traversa la via Prenestina all'altezza dell'odierno largo Preneste e prosegue in rettilineo lungo l'asse viario oggi composto dalle vie dell'Acqua Bullicante, di Torpignattara e dell'Arco di Travertino, che era allora la cosiddetta via Militare, traversando anche la via Casilina ed innestandosi dopo l'attuale piazza Arco di Travertino lungo la via Appia Nuova fino alla zona del Tavolato, dove effettua una fermata il cui edificio, presumibilmente, è ancora oggi quello visibile.

Grossomodo all'altezza del Quarto Miglio prosegue in sede propria fino alla fermata Capannelle (ubicata laddove oggi esiste l'omonima stazione delle FS), indi prosegue quasi in rettilineo fino a Ciampino, e di li a Marino seguendo, come detto, il tracciato ancora oggi esistente delle FS. La stazione di Marino, in ciò seguendo una pratica comune dell'epoca, si trova oltremodo decentrata rispetto all'abitato, a quota più bassa, e se ne trova conferma nel breve tempo di percorrenza previsto dopo la fermata di Ciampino.

 
     
 

L'attività di questa linea non ha quasi lasciato traccia sulla stampa dell'epoca: la difficoltà della salita verso Marino non fa più notizia già dopo pochi giorni, e con l'eccezione degli orari troviamo solo la cronaca di un interruzione del servizio a causa di una non meglio precisata collisione in uscita dalla stazione di Capannelle, probabilmente con un carretto, avvenuta nel 1886 (ed anche qui il riferimento al tronco Portonaccio-Ciampino è successivo al 1883).

La linea si svolge tutta in sede propria e separata, del resto, e non è probabilmente afflitta da quella lunga serie di incidenti, anche gravi, che caratterizza fin dall'inizio la linea per Tivoli, affiancata in soluzione di continuità alla via Tiburtina. Concorrevano evidentemente precisi interessi se è la Portonaccio-Marino a sparire dopo soli nove anni mentre la linea gemella per Tivoli le sopravvive per ben 42 anni. Interessi che (manco a dirlo...), coinvolgono la solita TFE, la cui ombra si proietta sui progetti che portano alla costruzione del primo collegamento di Roma col mare.

Mentre la tranvia vive la sua stentata esistenza, infatti, si concretizza un altro progetto, quello della ferrovia da Albano per Anzio e Nettuno con transito per le stazioni di Cecchina, Carano (Campoleone), e Carroceto (Aprilia), che qui interessa non solo perché assorbe in seguito proprio la tranvia, ma anche perché la spinta alla sua costruzione viene impressa dal Cav. Desiderio Baccelli (che è anche promotore anche della ferrovia Mandela-Subiaco), che da varia documentazione conservata presso gli archivi della Provincia di Roma e centrale dello stato risulta in quel periodo direttore d'esercizio della onnipresente TFE (che davvero viene da chiedersi dov'è che non la si potrebbe trovare in quel periodo).

La linea viene percorsa dal primo treno il 18 gennaio 1874, e solennemente inaugurata il successivo 23 marzo. In quell'anno la gestione dei Belgi della vecchia tranvia è un dato sicuro, dal momento che il 16 gennaio la cedono proprio alla "Società per la Ferrovia Roma, Albano, Anzio, Nettuno" (poi Società delle ferrovie secondarie romane) ed è altrettanto certo che è in piena attività il tronco Portonaccio-Ciampino della linea. Quest'ultimo sarebbe stato realizzato per prolungare direttamente a Roma le corse provenienti da Marino, per l'appunto sfruttando gli impianti esistenti lungo la Tiburtina. Il progetto è stato compilato su incarico diretto del Baccelli da certo ing. Filippo Guidi, e risulta in avanzata fase di studio nel periodo in cui la tranvia a vapore era in corso di costruzione.

 
     
 

Il legame del Baccelli con la TFE è la probabile ragione per cui il progetto della ferrovia dei Castelli Romani si concretizza con una linea che non ricalca nessuna delle ipotesi che si sono rincorse dal 1874 al 1880. E non è detto che non sia anche il motivo della sparizione del Cesana. Il tracciato operante, come già detto, tocca uno solo dei paesi facenti parte del consorzio a suo tempo formato che aveva fruttato 450.000 lire al suo promotore, quel comune di Marino che vi aveva partecipato con 100.000 lire, ed è logico credere che i paesi tagliati fuori dalla linea abbiano cercato di far valere le proprie ragioni di fronte alla legge, almeno per riottenere le quote a suo tempo versate, che erano: CastelGandolfo 30.000 lire, Albano 200.000, Genzano 100.000 e Nemi 20.000.

L'influenza del Baccelli, e quindi della TFE (senz'altro la regia più o meno occulta dell'intera operazione) consente la costruzione di una linea che somiglia più a una ferrovia economica che a una tranvia nel vero senso della parola. La classificazione della Portonaccio-Marino come tranvia è certamente dettata dalla diversificazione dei contributi economici con le ferrovie, siano essere ordinarie o economiche, in un periodo di particolare fecondità legislativa in materia. Una ferrovia economica costruita con economie d'esercizio ben più che rigide, su di un tracciato da raccordarsi, presto o tardi, con la nuova ferrovia proveniente da Nettuno, in fase di avanzata progettazione, e forse non solo nel tronco Albano-Nettuno, progettata con metodologie e caratteristiche similari alla linea di Tivoli, della quale si sarebbe potuto usare promiscuamente lo stesso materiale rotabile.

A proposito di rotabili, tra l'altro, nel fitto mistero che li circonda troviamo un immagine che ritrae una locomotiva della Carels che starebbe circolando su un raccordo della tranvia con una cava che ha fornito i materiali di costruzione per i muraglioni dei lungotevere (raccordo in località Casabianca). Che si tratti di un documento fotografico della nostra linea non è sicuro al 100%, ma lo lascia ipotizzare la loco a vapore. Tre macchine Carels costruite nel 1879, infatti, spariscono nel giro di pochissimo tempo dalla Roma-Tivoli, quasi sicuramente nel 1881 quando entrano in servizio le Hohenzollern che vi circolarono fino al 1932, ed è probabile che siano state passate proprio alla Ciampino-Marino. La repentina sparizione, del resto, se da una parte può ulteriormente comprovare il prolungamento a Roma solo in un secondo tempo, non si spiega quando le due linee sono ufficialmente unite ed i convogli provenienti da Marino arrivano fino al capolinea della Belga di San Lorenzo.

Sui movimenti delle locomotive a vapore le notizie sono comunque discordanti e imprecise: troviamo delle Krauss cedute dalle FS alla Roma-Tivoli nel 1919, di provenienza non comprovata dalla tranvia di Marino, delle Henschel che già nel 1885 la linea di Marino cede alla Roma-Tivoli (che le dismette quasi subito), e via dicendo. Fatto sta che le Carels spariscono dalla documentazione fotografica pervenuta ai nostri giorni.

 
     
  Anche qui solo il reperimento di documentazione almeno interpretabile potrà chiarire qualcosa. Documentazione che possa far luce anche sulle carrozze viag giatori e i carri merci, materiale avvolto nel più fitto mistero per quanto riguarda i costruttori e gran parte dei dati tecnici. Non è da escludersi che salvo rare eccezioni il materiale della nostra tranvia sia stato più o meno lo stesso che ha anche circolato sulla Roma-Tivoli, ma anche sulla storia dei rotabili di questa linea le incognite non è che sono poche. Il riferimento tecnico poc'anzi accennato sulla lunghezza delle carrozze, in fondo, non è detto sia rispondente al vero.

Intanto la Società per la Ferrovia Roma-Albano-Anzio-Nettuno prosegue la sua attività, e nel 1886 si vede rifiutare un contributo pubblico da parte del Comune di Roma per la costruzione della linea. Motivo del rifiuto il contributo a suo tempo concesso al Cesana (per la linea di cui al progetto del 1875), che poi non conclude nulla. Nella mozione non è fatto alcun cenno alla tranvia per Marino, che pure deve costituire la penetrazione urbana della nuova ferrovia, ma si parla solo di un generico "prolungamento a Roma" della linea già attiva tra Albano e Nettuno.

La nuova ferrovia Roma-Albano-Campoleone-Nettuno viene inaugurata il 3 ottobre del 1889. La linea parte da Termini e dal bivio del Mandrione (l'odierna stazione Casilina), si stacca dal tracciato principale per dirigersi verso l'odierna via di Torpignattara e seguire il tracciato della tranvia fino a Marino. Da qui si prosegue per Castelgandolfo e Albano su un tronco costruito ex novo, per poi proseguire fino a Campoleone e seguire il tracciato dell'attuale ferrovia.

 
 
 
 

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Ultimo aggiornamento: giovedì 04 gennaio 2024