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La storia del trasporto pubblico di Roma raccontata con passione e per passione. Sito fondato da Vittorio Formigari, online dal 1999

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LA ZONA INDUSTRIALE DI VIA OSTIENSE

     
 

 
     
  Roma non è mai stata una città di mare. Vicina alla costa, e per secoli dipendente dal commercio marittimo, ha preferito mantenersene distaccata per affidarsi a realtà portuali più o meno indipendenti, con una naturale preferenza al carattere autonomo dell’architettura e a volte dello stile di vita dei residenti addetti al suo lavoro. Assieme al Tevere assumono un’ovvia e fondamentale importanza le strade che collegano la costa, dapprima la via Ostiense verso il porto di Ostia, successivamente la Portuense verso i porti di Claudio e di Traiano. Il primo inizia a decadere, per finire abbandonato quando l’imperatore Costantino assegna al Portus Ostiae lo status di municipio con la denominazione Civitas Flavia Costantiniana Portuensis, mutuata poi in Portus Romae (porto di Roma).

Le merci prendono la via della città attraverso il Tevere a mezzo di grandi chiatte trainate da quattro pariglie di buoi (due per parte), o dai cosiddetti “pilorciatori” (uomini che tirano, da cui è in seguito derivato il termine spilorcio, nel senso di tirato), per raggiungere la zona della Marmorata. In questa località (che prende il nome dai marmi che si continuano ad importare per via di fiume fino al seicento), nel 193 a.c. è stato attivato l’Emporium, il porto fluviale di Roma, e il Porticus Aemilia, un grandioso edificio di magazzini affacciato sull’attuale lungotevere Testaccio e che occupa l’area oggi grossomodo compresa tra le attuali vie Marmorata, G. Branca e G. B. Franklin.

L’attività portuale procede fiorente fino al IV secolo, quando le susseguenti invasioni barbari-che ne rendono sempre più difficoltoso il mantenimento. L’antica città di Porto, che resiste alle invasioni dei Visigoti di Alarico I e dei Vandali di Genserico, cade nel 537 a causa dell’assedio degli Ostrogoti guidati da Vitige. Le continue minacce di invasione dal mare spingono le autorità a far proseguire l’attività di annona e dogana entro la cinta delle mura volute dall’Imperatore Aureliano, completata nel 273. Assumono in tale periodo particolare importanza le porte di accesso alla città, la Ostiensis (oggi Porta San Paolo), e la Portuensis (non più essstente, sostituita da Porta Portese). Accanto all'antico Emporio, sempre meno utilizzato, comincia a prendere forma sulla riva opposta quello che sarà il principale scalo della città fino alla seconda metà dell’ottocento, il porto di Ripa Grande che, mediante alcune alte torri di sorvglianza, viene chiamato anche a prevenire tentativi di penetrazione nemica.

Il Tevere diventa sempre più l’unica via di comunicazione verso il mare, specie quando si profila il pericolo dei pirati saraceni. Dopo l’invasione dell’846 (saccheggio della Basilica di San Pietro, cui segue la morte di Papa Sergio II per l’affronto subìto), la città si chiude definitivamente a riccio nel perimetro delle mura aure-liane, lasciando in abbandono le antiche strutture portuali e tutto il tratto di costa che va dalla antica Fregenae fino a Ostia ed oltre.

Un carattere prettamente popolano e pastorizio iniziano ad assumere anche i territori interni alle mura oltre il colle del Campidoglio. Nella generale decadenza della città, conseguenza della caduta dell’impero d’occidente, l’antica Riva Graeca (quella dell’Emporio e del Foro Boario, primo antico approdo di Roma), rimane abbandonata in favore della Ripa Romea, dove il porto di Ripa Grande si sviluppa parallelamente al progressivo aumento del traffico merci

 
     
 

File:Signorini, Telemaco - L'alzaia - 1864.jpg
Un dipinto di Telemaco Signorini che ritrae dei braccianti del Po intenti a praticare l'alaggio, il traino di una chiatta, lungo l'argine dell'Arno

 
     
  Le cose cambiano soltanto dopo il 1870. Con la proclamazione a Capitale del Regno d’Italia Roma va incontro a una grandiosa opera di bonifica e risanamento. Il territorio fuori Porta San Paolo, anche per la presenza della ferrovia per Civitavecchia voluta da Pio IX (attivata nel 1859), è desti-nato fin dal piano regolatore del 1873 ad attività industriali e servizi pesanti (le officine del gas da trasferire dall’area del Circo Massimo, ad esempio), con un quartiere autonomo destinato agli ope-rai addetti alle nuove attività. Il sobborgo industriale è oggetto di un attento studio della “Commissione Reale per il risorgimento economico di Roma”, che ne prevede l’estensione a una grande porzione di territorio che va dalla Portuense fin quasi alla via Appia Nuova, anche se all’atto pratico tale destinazione riguarderà solo i due lati della via Ostiense e il territorio fino all’attuale piazza della Radio.

Già il 30 settembre 1870, a dieci giorni dall’ingresso dei bersaglieri a Roma, la Giunta Provvisoria insediata in Campidoglio in attesa delle elezioni, nomina una commissione edilizia incaricata di studiare il risanamento edilizio ed economico della città, ed ovviamente la sua espansione. Con due susseguenti relazioni, presentate entro il giugno 1871, la zona di Testaccio viene indicata come la più idonea ad ospitare un quartiere industriale. A suo favore gioca la posizione strategica verso il mare, la presenza del fiume e della linea ferroviaria che dal 1863 collega le due linee per Frascati e Civitavecchia sul tracciato da Trastevere a Tuscolana. E naturalmente il suo passato di porta della città verso il commercio e lo scambio, ruolo del resto mai del tutto venuto meno per la presenza del porto di Ripa Grande, e l’andirivieni sulla via Ostiense dei pellegrini diretti alla lontana basilica di San Paolo fuori le mura.

«Oltre l’attuale stazione delle ferrovie dovrà prevedersene altra nella località di Testaccio», si legge nella relazione del 10 novembre 1870, «specialmente destinata al servizio delle merci, intorno alla quale verranno a stabilirsi i magazzini generali, i depositi delle principali derrate e vettovaglie, i pubblici macelli ed ogni altra dipendente costruzione». La stazione (ovvero i magazzini generali di Roma). viene prevista nel Piano Regolatore di Roma del 1873, nell’area dove sorgerà in seguito il mattatoio e la propaggine del quartiere a lato di via Manunzio, assieme a un complesso di nuove costruzioni (sono indicate in rosso), e ad un molo sull’area dell’antico Porticus Aemilia, al servizio del porto di Ripa Grande e del Porto Fluviale di prossima costruzione.

Il nuovo quartiere, è «opportunamente segregato dal resto della città», allo scopo non dichiarato di tenere d’occhio eventuali manifestazioni degli operai che andranno ad abitarvi, che si possono sorvegliare dalla torre di Paolo III sul Campidoglio e che invece sarà demolita assieme ai conventi dell’Aracoeli per costruire il Vittoriano.

 
     
 

  
La zona di Testaccio nei piani regolatori del 1873 (a sinistra) e del 1883

 
     
  Il Piano Regolatore del 1873 non passa tuttavia alla fase operativa. Il risanamento di Roma dopo secoli di decadenza richiede infatti cospicui investimenti finanziari, dei quali il Governo non può farsi interamente carico. Il Comune deve confidare nel sostegno della finanza cattolica e particolarmente della nobiltà papalina, digiuna in materia imprenditoriale ma sovrabbondante di liquidità e di risorse terriere, che pone naturalmente vincoli e condizioni ad essa favorevoli. Interessi di vario tipo rinviano le scelte al 1883, quando viene finalmente approvato il primo vero Piano Regolatore della città, che in separata sede inizia a pianificare anche la rete dei tram.

Rispetto a dieci anni prima vi sono stati significativi cambiamenti. Coi Magazzini Generali (1), stavolta raccordati anche alla vecchia stazione Trastevere attraverso un nuovo ponte mai costruito, vengono previsti il Mattatoio (2), e uno stabilimento indicato come “Mercato di Roma” (3), una prima ipotesi per la realizzazione dei mercati generali della città. Questa sistemazione del quartiere (i tre stabilimenti industriali e le abitazioni per gli operai che vi lavoreranno), è frutto di una mediazione con l’ing. Giovanni Battista Marotti, contitolare della Marotti-Frontini-Geisser. Il Marotti, proprietario di parte dei terreni interessati, ha valorizzato a proprio favore l’area del mattatoio e del Campo Boario, ed ha in più ottenuto l'esclusiva per la costruzione del quartiere (successivamente ceduta alla Società Operaia per le case economiche), offrendo quale contropartita la cessione gratuita dei quattro lotti necessari al nuovo Mercato.

L’accordo è formalizzato nel 1888, anno in cui iniziano i lavori per la costruzione del mattatoio. Il nuovo stabilimento inizia a funzionare nel 1891, quando sono in pieno corso i lavori di edificazione del quartiere che, in barba al Piano Regolatore e agli accordi intercorsi, inizia a prendere l’aspetto che ancor oggi conosciamo. Il mattatoio costituisce un esempio in tutta Europa per la modernità della struttura e del sistema sotterraneo di canalizzazioni e fognature per lo scarico nel Tevere. Rimangono lettera morta al momento tutti i progetti per lo stabilimento dei mercati generali, per i quali è necessario trovare una nuova ubicazione.

Il quartiere industriale di Testaccio, tuttavia, non vedrà mai la luce. L’interesse venale verso i terreni fuori Porta San Paolo e la prospettiva di chiudere il porto di Ripa Grande in favore del nuovo porto Fluviale rinviano e modificano le scelte. Al Testaccio si costruisce il solo mattatoio recependo il progetto dell’arch. Ersoch per una struttura completamente interna alle mura, che consente all’ing. Marotti un doppio lucroso affare: vende al comune l’area da occupare e, contemporaneamente, ottiene la concessione esclusiva per la costruzione dell’impianto. La restante proprietà viene negli anni successivi venduta in lotti separati cominciando con l’area del mercato (ceduta nel 1888 alla cooperativa operaia per case economiche); 10.000 m2 sono ceduti al comune per l’ampliamento del cimitero acattolico (1892), mentre il resto della proprietà passa in lotti successivi all’Istituto Case P-polari, che edifica più della metà dell’attuale quartiere

 
     
 


I mercati generali in costruzione: la vetreria Fajella costeggiata dal raccordo con le FS tuttora esistente; il porto di Ripa Grande

 
     
  E’ stata intanto decisa la costruzione della nuova stazione Trastevere. Si rende necessaria una variante al tracciato ferroviario proveniente da Termini, per il quale è approvato il progetto di un nuovo ponte a travata fissa a monte di quello dell’Industria. Quest’ultimo (ben più conosciuto come ponte di Ferro), è in opera del 1863 e presenta la parte centrale apribile per il transito dei bastimenti diretti al porto di Ripa Grande, ciò che col nuovo ponte San Paolo non sarà più possibile.

La legge del 1907 che eroga il relativo finanziamento stanzia per logica conseguenza i fondi necessari per sostituirlo col nuovo porto Fluviale, e ciò determina la decisione di localizzare dirimpetto a questo la sede dei nuovi Magazzini Generali di Roma. Sempre nel 1907 la Società Anglo-Romana per l’illuminazione a gas assume l’impegno di trasferire le proprie officine dalla sede del Circo Massimo ad un nuovo impianto confinante con la proprietà dei Magazzini Generali, per un totale di 120.000 mq di terreno, attivo poi dal 1912 al 1968.

Queste nuove costruzioni sono recepite nel Piano Regolatore compilato dall’ing. Edmondo Sanjust De Teulada, nel quale la zona a destinazione industriale di Roma fuori le mura è delimitata da una parte dalle vie Appia Antica e Ardeatina, dall’altra dalla ferrovia Roma-Pisa. Il comune lo approva il 30 novembre 1908, anno in cui sono in pieno corso le pratiche per la municipalizzazione della rete tranviaria e della distribuzione dell’energia elettrica. Per la neonata Azienda Elettrica Comunale (oggi ACEA), si può quindi approvare il progetto dell’ing. Puccioni per una centrale termo-elettrica sulla via Ostiense, in adiacenza alle officine del gas, ed è finalmente possibile dare una sede anche ai Mercati Generali, il cui progetto è stato redatto dall’ing. Aurelio Saffi, la realizzazione dei quali si protrarrà per vari motivi fino al 1921.

Nonostante esistano vari progetti di raccordo alla rete FS il mattatoio deve “accontentarsi” di una diramazione della linea tranviaria di San Paolo per via Galvani, dove il capolinea è dapprima tronco e quindi dotato di anello per l’utilizzo di convogli formati da motrice e rimorchio sia viaggiatori che merci. La linea principale (passata alla SRTO nel 1885), è stata intanto elettrificata nel 1897 e pro-lungata a piazza Venezia già dal 1893. Il primo itinerario dalla Bocca della Verità segue via San Giovanni Decollato, via e piazza della Consolazione, via del Foro Romano e via Bonella, da dove i tram seguono l’itinerario delle antiche vie Alessandrina e Cremona. Nel 1908, a seguito dell’apertura del tronco tranviario da largo Argentina per via Arenula, ponte Garibaldi e il viale del Re (oggi Trastevere), la linea segue un nuovo itinerario che, distaccandosi da via Arenula, segue i lungotevere dei Pierleoni e Testaccio e via Marmorataa.


A sinistra e al centro i magazzini generali di Roma; a destra interni delle officine della Romana Gas

 
 


Raccordi all'interno dei mercati generali e dei magazzini generali; interni della Romana Gas

 
 


Il raccordo tra la stazione Ostiense, gli impianti della Roma-Ostia e le industrie della zona

 
 
 
 

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Ultimo aggiornamento: domenica 26 maggio 2024