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La storia del trasporto pubblico di Roma raccontata con passione e per passione. Sito fondato da Vittorio Formigari, online dal 1999

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Diligenze e omnibus: quando si andava a cavallo

I SERVIZI POSTALI DELL'ANTICHITA'

     
  La storia del trasporto pubblico inizia più o meno con quella del servizio postale. La necessità di scambiare informazioni a distanza è infatti all’origine dei primi sistemi organizzati di inoltro di quella che oggi chiamiamo semplicisticamente “posta”. Abbandonata la segnalazione a distanza con suoni, fumo o codici luminosi prende il via il trasporto dei primi supporti destinati a contenere la informazione scritta (le tavolette d’argilla, ad esempio), affidate a corrieri che si muovono a cavallo lungo le antiche reti stradali.  
     
  La più antica traccia di questi postini ante-litteram viene dalla Cina, che già 4000 anni prima di Cristo possiede un sistema organizzato per l’inoltro della corrispondenza ufficiale e commerciale e della “ching-pao”, pubblicazione assimilabile alla moderna Gazzetta Ufficiale.  
     
  Sistemi altrettanto organizzati si trovano nella Turchia del 2000 a.c. e nell’antico Egitto, dove si utilizza il corso del Nilo per spostarsi velocemente da un capo all’altro del paese. Alla Persia di Ciro il Grande risale l’organizzazione basata sulla percorrenza possibile di un cavallo nell’arco delle 24 ore, distanze cui vengono istituite le prime scuderie per il cambio dei cavalli e un minimo ristoro del corriere. Ma è a Roma, la metropoli per antonomasia dell’antichità, che i due servizi assumono le forme destinate a permanere, con poche varianti, alla riorganizzazione rinascimentale e alla modernizzazione tardo ottocentesca  
     
  L’istituzione di un servizio di posta assimilabile a quello moderno viene solitamente attribuita all’imperatore Ottaviano Augusto, che ha regnato dal 63 al 14 a.c. e che, in realtà, ha completamente riorganizzato un primitivo servizio attribuito al console Lucio Postumio Albino  (morto nel 154 a.c.), e migliorato da Giulio Cesare nella sua opera di riordino amministrativo di Roma attuata a partire dall’anno 49.  
     
  Mentre prende forma la grande rete stradale dell’impero appena fondato Cesare fa costruire i carri destinati ai messaggeri (che fino ad allora erano andati a piedi o a cavallo, se lo possedevano), imponendo ai cittadini delle province la fornitura dei cavalli e dei conduttori a loro cura e spese. L’assegnazione è curata da procuratori che nelle singole città sono a disposizione del corriere che presenta le credenziali rilasciate dalla corte imperiale, Tale im-posizione è ovviamente fonte di malcontento per il mancato corrispettivo dei fornitori, ed anche a causa di proteste per le tasse (che gli stessi inten dono pagate in tutto o in parte fornendo gli animali), prima Nerva (imperatore dal 96 al 98), e quindi Traiano (98-117), rendono completamente pubblico il servizio mediante l’istituzione del Cursum Fiscalem, esercitato con carri (vehicula publica), e carretti (Rhedae).[1]  
     
  La pubblicizzazione del servizio è associata ad una prima istituzione di punti di sosta lungo le strade percorse dai corrieri, ora stabilite dalla direzione centrale e chiamate itinerarium Tali punti, di cui non si precisa inizialmente la distanza, sono chiamati mutationes (mutazioni), per lo scopo precipuo di fornire un ricambio di cavalli, o mansiones (mansioni), per i doveri che gli appaltatori hanno verso i corrieri e lo stato. A questi nomi fa presto tuttavia a sostituirsi stationes, perché si tratta in tutto e per tutto di stazionamenti lungo il percorso, dove risiedono anche i funzionari preposti alla sorveglianza del servizio.  
     
 

      
Un carro del Cusrsus Publicus del periodo di Ottaviano; interni di una stationes a Pompei (notare i contenitori per mantenere i cibi caldi)

 
 


Roma, le vie consolari e il porto di Ostia riprodotti nella tabula Peutingeriana, copia di un modello di età carolingia, a sua volta risalente ad un originale risalente all'epoca romana.
Forniva ai viaggiatori la conformazione della rete stradale dell'impero, delle città più importanti e dei luoghi di sosta.

 
     
  Sembrerebbe (ma non tutti i cronisti antichi concordano), che mutationes e mansiones definissero, rispettivamente, le stalle per il cambio dei cavalli (che dovevano averne a disposizione almeno 20 pronti e situate a circa 18 miglia romane l’una dall’altra), e le strutture di alloggio e riposo (situate a un non meglio precisato giorno di cammino di distanza), cosicché un corriere incontrava una mansiones ogni 4 o 5 mutationes. Quel che è certo è che per ragioni di bilancio ogni punto di sosta tende a mettere a disposizione entrambe le cose, anche perché nulla vieta di negoziare alloggio e cibo coi viandanti occasionali, evento tutt’altro che raro sulle vie consolari, rimanendo il cambio dei cavalli e la precedenza nell’uso dei servizi ai corrieri dello stato e ai rari privati autorizzati.  
     
  È con la riforma voluta dall'imperatore Ottaviano che le eventuali differenze vengono meno e si afferma la statio posita, quella che fino all’avvento delle ferrovie sarà la stazione di posta dotata di stalla e locanda, la cui distanza media viene definitivamente stabilita in 15-18 miglia romane  
     
  Dal Cursus Fiscales di Cesare si passa al Cursus Publicus, dove tutto è affidato alla direzione dello stato e le sole stazioni, pur di proprietà pubblica, vengono appaltate a privati cittadini. Ogni via consolare ha un proprio responsabile che si incarica, tra gli altri compiti, di porre limiti alla dimensione, alla velocità e al carico massimo dei carri rispetto alle caratteristiche del fondo stradale, di reprimere l’abusivismo nei trasporti e gli abusi degli appaltatori ed esercita la supervisione sui vettovagliamenti a disposizione delle truppe in movimento, che ogni stazione deve conservare. I servizi di trasporto sono ora autorizzati dalla direzione centrale che rilascia una sorta di targa identificativa da montare sui carri, costituita da borchie di metallo e chiamata bulla, il cui elenco (bullarium), è inviato alle stazioni della via dove il mezzo è autorizzato a circolare  
     
  La coeva riforma della pubblica amministrazione, cui segue un rafforzamento del corso monetario e un aumento esponenziale del commercio, aumenta a dismisura il traffico sia dei viaggiatori che delle merci, ciò che in spregio ai divieti in vigore porta ad una progressiva apertura ai privati dei servizi.  
     
  Gli appaltatori li aggirano affiancando alla stazione ufficiale una propria attività di stalla e locanda ubicata a conveniente distanza, per la quale si afferma ben presto la denominazione hostaria, termine derivato dal latino hospitem (da cui è derivato oste), nel suo significato di persona che offre ospitalità. Le osterie si diffondono con grande rapidità nelle campagne e ai margini della città specie dopo l’editto imperiale di Costantino che pone fine alle persecuzioni anticristiane. Alla libertà religiosa, infatti, segue il fenomeno dei viaggi di devozione o di penitenza, non ancora chiamati pellegrinaggi, alle cinque sedi patriarcali di Roma (il cui vescovo ha solo un primato d’onore: il primato giurisdizionale quale successore di San Pietro si afferma successivamente), Gerusalemme, Antiochia, Alessandria e Costantinopoli.  
     
  Verso Roma gli itinerari dei pellegrini si sovrappongono alla grande rete stradale dell’impero nelle vie denominate Romee (FrancigenaNonantolana, della Sambuca, Teutonica), con itinerari diversi da quelli seguiti dai corrieri postali e completamente disorganizzati. In questo periodo l’ordinamento del cursus è ancora quello voluto da Ottaviano, che prevede la circolazione delle vehicula publica (i carri di grandi dimensioni per il servizio postale), e delle Rhedae Fiscales (i carretti), e che consente l’utilizzo delle stazioni di posta ai soli corrieri ed a pochi privilegiati dotati di uno speciale permesso, che può essere concesso soltanto dall’imperatore.  
     
 

 
Il casale di Malborghetto, un arco quadrifronte situato all’incrocio delle vie Flaminia e Veientana, delle quali ancora esistono importanti resti. Punto di passaggio obbligato da nord verso Roma era chiamato in origine Arcus Divi Costantini e nel medioevo era una propietà degli Orsini, trasformato in piccolo borgo fortificato con una chiesa a croce greca edificata al suo interno e il tracciato delle strade spostato all’esterno. Punto obbligato di passaggio e ultima tappa della via Francigena prima di Roma, è stato utilizzato sia come osteria che come stazione di posta.
Ricostruzione pittorica di un corriere romano del periodo tardo-imperiale, con un carro di adatte dimensioni al trasporto di colli anche voluminosi e pesanti (vehicula publica).

 
     
  I suoi successori hanno apportato una serie di modifiche sperimentali introducendo l’uso del più resistente mulo, del cammello nelle province africane, degli asini e dei buoi. Al tempo di Costantino cammelli e asini non sono più utilizzati ed è in vigore un decreto di Teodorico che prevede una multa di 50 soldi per chi carica un cavallo di oltre 1000 libbre: l’uso degli animali è stato regolamentato con la differenza in equii avertarii (trasporto di bagagli o traino di veicoli), equii sagmarii (cavalli da sella), ed equii veredarii (destinati alle sole corse dei corrieri). Si esercitano due tipi di corse pubbliche: la veloce a mezzo di cavalli che trainano un cocchio, destinata al trasporto di corrieri e persone autorizzate, e la tarda, con trazione mista di cavalli e muli, per il trasporto dei grandi carichi e (abusivamente), di persone.  
     
  Circolano diversi tipi di carrozze: la Raeda (detta anche Carpento), a 4 ruote e capace di un carico fino a 1000 libbre; la Clabula a due ruote, tirata per qualche tempo da tre muli con carico massimo di 600 libbre; la Carruca, un carro di grande eleganza destinato agli imperatori e ai senatori, spesso adornato di metalli preziosi. Il viaggio collettivo di persone, benché non regolamentato, si effettua con un carro a quattro ruote ed abitacolo con sei posti a sedere, denominato Currus Tabellarius dalla tabella che, al suo interno, espone il nome del titolare del servizio e il costo delle corse.  
     
 

         
Da sinistra: la Raeda, la Carruca, la Clabula e il Carpento.

 
     
  Dove non sono ancora attive le osterie a mettersi abusivamente a disposizione dei viandanti sono le stazioni di posta col nuovo nome locanda, e non mancano ovviamente gli abusi, specie sul fronte dei prezzi.  
     
  Il governo imperiale è costretto a varare una nuova regolamentazione che consente anzitutto alle province di esigere la tassa di una moneta d’argento per ogni veicolo trainato o cavallo che transita nel territorio di competenza, il cui gettito deve in parte essere destinato alla costruzione di nuove stalle ad uso del pubblico (le receptula animalis). Ai gestori, oltre ad una percentuale sugli incassi, viene lasciato gratuitamente il letame, da destinare alla concimazione dei campi. Alle stazioni- locanda si affianca l'osteria che, in spregio alla nobiltà d’origine del nome, diventa il locale di second’ordine per antonomasia.  
     
  Tra l’una e l’altra si inserisce la trattoria, il cui nome deriva da un documento rilasciato in epoca romana ai funzionari in missione ufficiale, detto “littera tractòria”, che autorizza i possessori a fruire dei servizi di vitto e alloggio in appositi locali posti ad opportune distanze (dette tratte), a mezzo di buoni rilasciati preventivamente dall’autorità pubblica con cui il locale ha stretto il relativo accordo. La trattoria, destinata principalmente ad alti funzionari, si presenta all’epoca come un locale per i ceti medi ed abbienti.  
     
  A favorire il fenomeno dei viaggi di devozione e l’uso della rete stradale non solo per lo spostamento di truppe e funzionari  è quindi lo sviluppo di una vera e propria industria alberghiera. Locande, osterie e trattorie si affiancano alle mansiones dello Stato senza soppiantarle, ed anzi restituendo loro il compito primario di assistere i corrieri postali e chi viaggia per incarico pubblico. Dopo la caduta dell’impero romano d’occidente, nell’anno 476,  liberalizzatone l’uso, le mansiones assumono la denominazione ufficiale di locanda, nome che deriva dal latino locare, che tradotto significa allocare, affittare. Il gerundio di locare, ovvero locandus, al femminile singolare diventa locanda, il cui significato “da affittare” si riferisce alle camere che, a mò dei moderni alberghi, vengono affittate dai clienti.  
     
 


La stazione di posta di Baccano

 
 
 
 

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Ultimo aggiornamento: mercoledì 03 gennaio 2024