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Home page I Meccanica della locomozione e trazione elettrica |
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Note di trazione elettrica. Storia e tecnologia della trazione in serie |
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L'IMPIANTO CATTORI DI CASTELLAMARE |
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La linea elettrica delle officine Cattori Nel 1902 il Cattori era socio accomandatario della M. Cattori & C. di Castellammare, una s.a.s. che aveva rilevato nel 1900 l'Impresa Industriale Italiana di Costruzioni Metalliche, fondata nel 1870-71 a Castellammare di Stabia da Charles Finet e diretta dall'ingegnere napoletano Alfredo Cottrau. Il Cattori sembra abbia costruito a Castellammare una linea a trazione elettrica per il trasporto degli operai della fabbrica, notizia che trova anche conferma nella stampa dell'epoca, ad es. sulla rivista L'elettricista del marzo 1912: Officine di costruzioni metalliche M. Cattori & C. in Castellammare di Stabia. Nel Padiglione dei trasporti terrestri in Piazza d'Armi, la Ditta Cattori espone un nuovo circuito di energia elettrica sulle locomotive e sulle linee ferroviarie. Questa Società è la proprietaria e la esercente degli Stabilimenti per costruzioni metalliche, fondato nel 1872 da Charles Finet, ed ingranditi successivamente. (...) L'impianto ferroviario elettrico di Castellammare di Stabia, è stato eseguito, dalle Officine Cattori per il servizio degli Stabilimenti delle costruzioni metalliche di cui sopra. Il "nuovo circuito di energia elettrica" ecc. dovrebbe ovviamente essere l'alimentazione in serie delle motrici in linea. E' di recente venuto alla luce, per opera del Cozzolino (1), un opuscolo del Cattori, dal quale si apprendono interessanti dettagli su questa linea, anche se non mancano nello stesso le usuali contraddizioni tipiche degli scritti del Cattori: ci mostra, ad esempio, il rodiggio di una motrice ad un motore che, anche se non detto, dovrebbe supporsi essere in servizio sulla linea, ma la casuale scoperta, sulla rivista Street Railway Gazette, vol. 3, anno 1888 (pag. 78), di un articolo sulla linea Short di Columbus dimostra invece chiaramente come il Cattori abbia riprodotto un disegno ivi presente, cancellando malamente il condotto centrale, per far passare il tutto come una sua invenzione.
D'altronde, sullo stesso opuscolo, il Cattori presenta lo schema di una vettura motrice con presa di corrente tra le due rotaie che riportiamo più sotto, opportunamente ridisegnato per renderlo comprensibile. Si osserva subito che lo schema proposto non ha niente a che fare con il rodiggio sopra indicato, essendo relativo ad una motrice con due motori, che potrebbe invece essere una di quelle della via Flaminia, presa di corrente a parte. E' però da notare che, vista l'alimentazione in serie, la presa di corrente dalle rotaie rende impossibile il servizio simultaneo di più motrici sulla linea, a meno di non ricorrere a improbabili e irrealizzabili sezionamenti delle rotaie e relativi automatismi; la motrice di Castellammare, se realmente risponde allo schema proposto, sarà stata l'unica in circolazione sulla linea, con buona pace del sistema in serie, del quale non resterebbe che l'alimentazione a corrente costante con le relative complicazioni.
Nello schema sopra riportato, oltre ai due motori ad eccitazione in serie, si notano gli invertitori di marcia INV-A e INV-B, uno per posto di guida, due reostati anch'essi uno per posto di guida ed un commutatore C che sembra unico per la vettura. Questo commutatore ha quattro posizioni: la 0 per l'esclusione della motrice e il corto circuito della linea di alimentazione, necessario per permettere la marcia delle altre motrici della linea; la 1 per la marcia usuale con i due motori; la 2 e la 3 per l'esclusione, mediante corto circuito, di uno o dell'altro dei due motori (nello schema, per semplificarne la comprensione, sono riportati a tratto sottile i collegamenti per le posizioni 0, 2 e 3). I due invertitori sono senza posizione neutra e collegati elettricamente tra loro in modo che l'azionamento di uno annulla l'azionamento dell'altro (si veda lo schema semplificato inferiore) e ne segue che, se sono meccanicamente indipendenti, una data posizione di un invertitore può corrispondere all'uno o all'altro senso di marcia, a seconda della posizione dell'altro; se poi fossero meccanicamente collegati non si capisce perchè debbano essere due invece di uno solo. Veniamo infine ai due reostati, per i quali sullo schema originale del Cattori non appaiono le resistenze, ma sono presenti solo i relativi commutatori a sette posizioni: dobbiamo quindi procedere per ipotesi. I due reostati sono posti in serie tra loro e in derivazione alle bobine di campo dei motori, le quali a loro volta sono poste in serie ai due indotti, il tutto alimentato dalla linea di contatto (le due rotaie, indicate con + e -); si segua ancora lo schema semplificato. Il reostato del posto di guida non presenziato deve essere lasciato in pos. 0, in corto circuito con tutte le resistenze escluse; in tali condizioni, se il reostato del posto di guida attivo è anch'esso posto a 0, le bobine di campo dei motori sono cortocircuitate e quindi escluse; i due indotti sono alimentati dalla linea, il motore non fornisce alcuna coppia motrice, la motrice resta ferma, la corrente assorbita è costante e pari a quella fornita dalla stazione generatrice. In pratica la linea è quasi in corto circuito, sempre per permettere la marcia delle altre motrici. Non si capisce però per quale motivo si siano lasciati gli indotti alimentati, mentre sarebbe stato più semplice ed efficiente cortocircuitare direttamente la linea, così come fatto dal commutatore C in pos. 0; sarebbe però stata necessaria una seconda sezione sui commutatori dei reostati e questo avrà messo in difficoltà l'inventore. Le pos. da 1 a 6 dei reostati servono evidentemente par avviare ed accelerare la motrice; avendosi qui due motori con i campi derivabili, abbiamo supposto che la prima posizione, la 1, corrisponda alla piena eccitazione, aprendo il corto circuito prima eseguito dal contatto 0; nelle successive posizioni in inserisce in parallelo alle bobine di campo una resistenza dal valore progressivamente decrescente (il Cattori ci indica che la resistenza dei reostati è di 0,5 o 0,9 Ω, non si capisce bene) accelerando la vettura, fino all'ultima posizione, la 6. Il circuito proposto dal Cattori presenta però molti interrogativi, che ne fanno dubitare del corretto funzionamento. Infatti, ad es., cosa succede se in marcia alla massima velocità il conducente retrocede col reostato fino alla pos. 0? I campi si troverebbero in corto circuito, sotto l'azione dell'intenso flusso magnetico variabile generato dalla rotazione degli indotti alimentati dalla rete e diverrebbero sede di una corrente indotta che, grazie alla piccola resistenza del circuito, potrebbe raggiungere un valore elevato. Si avrebbe sicuramente una energica frenatura elettrica, ma anche la certezza di bruciare le bobine. Si avrebbe infine una motrice che non sarebbe in grado di marciare in coasting dovendo necessariamente accelerare o frenare; il coasting si potrebbe ottenere solo con l'uso del commutatore C, portandolo in pos. 0. Il Cattori usava propagandare il suo sistema come un mezzo semplicissimo per realizzare un blocco automatico della linea, con l'idea che un treno entrante in una sezione bloccata fosse automaticamente arrestato togliendo tensione sulla linea di alimentazione; non fu comunque il solo a sostenere questa idea. Una ipotesi (si veda in Le linee del Cattori in via Flaminia e in villa Borghese). La motrice di Castellammare sarà senz'altro stata una delle tre dell'esperimento di Roma del 1890 e si potrebbe ipotizzare quanto segue:
Sulle officine Cattori di Castellammare di Stabia Dal romanzo Tre operai di Carlo Bernari, 1934 A pag. 171 dell'edizione 1966. Il rione Cattori era formato da un gruppetto di palazzine e due palazzi grandi, costruiti quasi sulla spiaggia, che si stendeva tra Torre Annunziata e Castellammare. Il vecchio Cattori, proprietario della fonderia che sorgeva poco più lontano, cominciò a costruire questo rione per farlo abitare dai suoi operai. Il progetto comprendeva la costruzione di un ospedale, di una infermeria, di uno spaccio cooperativo e di un albergo che doveva fornire alloggio a tutti quelli che non avevano famiglia. Ma la morte di Cattori mise fine al progetto. Gli eredi erano gente votata a tutt’altri pensieri che non quello di assicurare agiatezza agli uomini abbrutiti dal duro lavoro e dalla vita isolata, e finirono per fittare queste casette per la villeggiatura dei signori che vi venivano nei mesi estivi... Da Ingegneria ferroviaria, 1906 In realtà, finora non è stato possibile identificare con esattezza la località nella quale il Cattori avrebbe costruito o quanto meno iniziato a costruire il villaggio operaio. Su Ingegneria ferroviaria, anno 1906, n. 1, si trova una descrizione delle officine Cattori in Castellammare di Stabia, descrizione che però, come è d'uso per i documenti del Cattori, getta più ombre che luci non solo sulla questione del villaggio operaio, ma anche effettiva esistenza di una linea su rotaie per il trasporto degli operai.
La descrizione, alla quale è allegato lo schizzo sopra riportato (ingrandire l'immagine, anche per leggere le didascalie) inizia con Le officine M. Cattori & C. sorgono su una superficie rettangolare circa di m. 1300x80, corrente tra la spiaggia e la linea ferroviaria Napoli-Castellammare e distano da quest'ultima circa 2 km [circa]. In realtà, dal disegno sembra che le officine confinino non con la ferrovia in questione, ma con una strada urbana identificata come corso Vittorio Emanuele e non si vede come possano distare dalla ferrovia di 2 km. Le officine, come si rileva dalla pianta annessa, sono divise in due grandi reparti, uno all'estremità sud e l'altro all'estremità nord; e sul vasto pizzale tra questi due reparti corrono 17 binari a scartamento normale, della lunghezza complessiva di m. 12.900, tutti collegati fra loro e colla stazione ferroviaria di Castellammare di Stabia, mediante un binario di km. 3 di lunghezza, che si raccorda pure col binario che va al porto. Il binario di raccordo con la stazione ferroviaria e col porto non può correre altro che sul corso Vittorio Emanuele e dovrebbe essere quello che sulla pianta ingrandita abbiamo marcato in rosso. Ma sulla pianta si vede anche un secondo binario sul lato opposto del corso (marcato in bleu) che sembra penetrare in un fabbricato denotato, nella didascalia che correda la pianta, con rimessa vetture elettriche: ma quali vetture elettriche? Quelle più sopra descritte che si alimentano dalle rotaie di corsa? Ma sarebbe mai possibile installare su una pubblica via un binario, una rotaia del quale si trova, se una sola vettura alla volta è in servizio, ad una tensione di circa 400 V da terra? Si avrebbe, come minimo, una ecatombe di cavalli. Oltre a questo, il binario in questione sembra anche avere due raccordi con i binari all'interno dello stabilimento, che porterebbero a due punti di sezionamento elettrico con le ben note complicazioni del caso. Sembra proprio che se le cose stanno come mostrato dalla pianta, nessuna vettura elettrica con presa di corrente dalle rotaie è stata mai utilizzata sull'impianto ed è assai probabile che di vetture elettriche per il trasporto degli operai non si sia mai vista l'ombra. Ma continuando a leggere l'articolo ci si imbatte in altre contraddizioni. Ad esempio: La Ditta sta ora trattando per l'acquisto del pezzo di strada cieca situata tra le Officine e la linea ferroviaria e della superficie di circa m2 25.000, sul quale intende impiantare quattro binari della lunghezza complessiva di km 5 circa. A parte il fatto che una strada di 25.000 metri quadrati e larga, ad es., 5 metri avrebbe una lunghezza di 5 km e non si vede dove potrebbe stare, sulla pianta non se ne trova traccia, a meno che il nostro non intenda per "strada cieca" la zona che si trova tra l'area contrassegnata con 1, destinata secondo le didascalie ad un cantiere navale che non sembra sia stato mai realizzato, e la ferrovia per Torre Annunziata e a questo punto si potrebbe ipotizzare che il tanto vantato villaggio operaio (peraltro mai citato nell'articolo in oggetto) fosse stato previsto proprio in questa zona, in linea del tutto teorica servito da una linea a trazione elettrica in sede propria, isolata dai restanti binari dello stabilimento. Ma sono solo teorie, che si scontrano con le innumerevoli balle che il buon Cattori ha sempre cercato di propinarci. All'esposizione di Milano, 1906 Il Cattori si presenta anche all'esposizione di Milano del 1906; su L'elettricista, supplemento del 1906, troviamo un breve resoconto sull'attuale attività del nostro, col titolo Officine di costruzioni metalliche M. Cattori & C., in Castellammare di Stabia. Nel Padiglione dei Trasporti terrestri in Piazza d'Armi, la Ditta Cattori espone un nuovo circuito di energia elettrica sulle locomotive e sulle linee ferroviarie. Non ci dice di più sul "nuovo circuito", ma è da ritenere che si tratti di quello sopra descritto. Questa Società è la proprietaria e la esercente degli Stabilimenti per costruzioni metalliche, fondato [fondati] nel 1872 da Charles Finet, ed ingranditi successivamente. Questi stabilimenti occupano, attualmente, un'area di circa 125.000 mq. con oltre 40.000 mq. di locali coperti per officine, magazzini, depositi, e possiedono circa dieci chilometri di binari, a scartamento normale, per i vari servizi inerenti agli stabilimenti; oltre 50.000 mq. riservati per la costruzione di cantiere navale che sorgerebbe in continuazione delle dette officine nel tenimento di Torre Annunziata; ed un Decreto Reale di espropriazione di suolo per pubblica utilità per circa mq. 58.000, per impiantarvi 1000 abitazioni per operai e loro famiglie. (...) L'impianto ferroviario elettrico di Castellammare di Stabia, è stato eseguito, dalle officine Cattori, per il servizio degli Stabilimenti delle costruzioni metalliche di cui sopra. ____________ (1) A. Cozzolino, Intorno al Vesuvio ed oltre. |
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Ultimo aggiornamento: mercoledì 06 dicembre 2023 |