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Meccanica tranviaria e ferroviaria

TRAZIONE TRANVIARIA AD ARIA COMPRESSA

     
 


Tessié du Motay

L'idea di costruire un motore alternativo impiegante l'aria compressa in luogo del vapore data dai primi decenni del 1800: nella macchina a vapore il fluido operatore è, appunto, il vapore d'acqua ottenuto dal riscaldamento della stessa, ma nulla vieta di utilizzare un fluido diverso, ad esempio l'aria, comprimendola in adatti serbatoi e facendola poi agire in cilindri operatori. L'idea è semplice ma, come spesso accade per le idee apparentemente semplici, si rivelerà irta di difficoltà nell'applicazione pratica.

Sorvolando su una realizzazione sperimentale di un certo Tomlinson in America nel 1820, il primo locomobile ad aria compressa sembra essere stato la motrice costruita nel 1838 in Francia da due inventori, Andraud e Tessié du Motay, che circolò in prova nel 1840 su un binario appositamente costruito in un sobborgo di Parigi con l'intenzione di utilizzare una caduta d'acqua per azionare, mediante turbine, una stazione di compressori e applicare la loro macchina ad un progetto di treno ad alta velocità. Nonostante un risultato al momento giudicato accettabile, questa prima motrice ad aria compressa non avrà alcun seguito e dovranno passare trent'anni prima che un altro sperimentatore, il Mékarski, costruisca, sullo stesso principio, una motrice praticamente utilizzabile alla trazione.

Cyprien Tessié du Motay (1818-1880), chimico francese, noto per i suoi studi in metallurgia, trattamento delle acque, utilizzazione dell'aria compressa; Antoine Andraud (m. 1860), ingegnere civile, tecnico del trasporto ferroviario; Louis Mékarski (1843-1923), ingegnere francese di origine polacca, è sempre stato associato alla trazione ad aria compressa.

La maggiore difficoltà da superare in un motore ad aria compressa sta nel fatto che l'aria, espandendosi nel cilindro operatore, assorbe calore dall'ambiente, ossia dal cilindro e, senza prendere particolari provvedimenti, tutto il meccanismo assume una temperatura talmente bassa da renderne impossibile il funzionamento. Per convincersi di questo fatto, basta osservare che l'espansione di un gas, nel nostro caso l'aria, costituisce una trasformazione, nel linguaggio termodinamico, che può farsi avvenire in molti modi, dei quali due ci interessano qui e sono:

  1. l'espansione isotermica, ossia a temperatura costante, nella quale si fornisce al gas un certo quantitativo di calore dall'esterno onde mantenerne costante la temperatura e
  2. l'espansione adiabatica, ossia senza scambio di calore con l'esterno, nella quale naturalmente il gas si raffredda.

Tra queste due trasformazioni estreme è naturalmente possibile tutta una serie di trasformazioni intermedie, a seconda della quantità di calore che si fornisce al gas durante l'espansione. Trattandosi di una macchina operatrice, ossia destinata a fornire lavoro, è evidente che l'espansione non dovrebbe essere isotermica, perchè il calore da fornire dall'esterno corrisponderebbe a un dispendio di energia, riducendo il rendimento del motore, ma dovrebbe essere adiabatica, con l'inconveniente del raffreddamento, del quale possiamo valutare l'entità a mezzo della semplice relazione:

nella quale t1 e t2 sono le temperature in °C dell'aria iniziale e finale, cioè prima e dopo l'espansione, v1 e v2 sono i volumi iniziale e finale dello spazio occupato nel cilindro (ved. figura) e k è un coefficiente che per l'aria secca è 1,41. Ponendo il volume finale v2=100 e quello iniziale v1 =15, il rapporto v1/v2 (rapporto di espansione) vale 0,15; supponendo l'aria inizialmente a temperatura ambiente, per es. 15°C, cioè t1=15 e inserendo questi dati nella relazione di cui sopra si ha 273+t2=(273+15)(0,15)0,41 =132, da cui t2=-141 °C.

L'aria, presa dal serbatoio a temperatura ambiente, ce la ritroviamo allo scarico a 141 gradi sotto zero; è chiaro che nessuna macchina può funzionare in queste condizioni; i lubrificanti gelerebbero, valvole e fasce si bloccherebbero e tutto diventerebbe un blocco di ghiaccio.

Ma le difficoltà non si fermano qui. Il rotabile deve naturalmente essere dotato di un serbatoio di aria compressa tenuta ad una pressione certamente superiore a quella da utilizzare nel cilindro motore, tanto maggiore quanto maggiore è l'autonomia richiesta e quanto minore lo spazio disponibile; nelle applicazioni delle macchine Mékarski alla trazione tramviaria la pressione nel serbatoio varierà tra 30 e 80 kg/cm2, mentre quella massima di utilizzo al cilindro motore sarà di 5-8 kg/cm2. La pressione regnante nel serbatoio va quindi non solo ridotta alla pressione di lavoro dell'aria nel cilindro, ma ridotta in modo variabile in modo da poter graduare la velocità del rotabile e ciò si ottiene mediante una valvola riduttrice di pressione ad azione moderabile, comandata dal conducente. Naturalmente, all'espansione dell'aria attraverso il riduttore di pressione si accompagna la stessa produzione di freddo che abbiamo visto prodursi all'espansione nel cilindro motore; per valutare con un esempio quello che succede basta applicare una formula del tutto analoga alla precedente, ma che in luogo dei volumi contiene le pressioni:

dove p1 e t1 sono pressione e temperatura all'ingresso del riduttore, p2 e t2 le analoghe all'uscita dello stesso e k=1,41. Se ad es. è p1=50 kg/cm2, t1=15 °C e p2=5 kg/cm2, otteniamo 273+t2=(273+15)(0,1)0,29 =148, da cui t2=-125 °C, ritrovandoci a 125 gradi sotto zero, ancora all'epoca glaciale.

A questo punto appare chiaro che l'unico mezzo che possa rendere utilizzabile il motore ad aria compressa è la somministrazione alla macchina di una adeguata quantità di calore che eviti l'eccessivo abbassamento della temperatura nei due stadi, anche se con ciò è inevitabile che l'espansione nel cilindro non potrà certo essere adiabatica, ma si avvicinerà molto all'isotermica (in ogni caso il bilancio energetico della macchina sarà alla fine abbastanza favorevole, ma questa è una questione troppo tecnica per poterla approfondire qui). Allo scopo il Mékarski ricorre ad un apparecchio di sua invenzione, che chiama réchauffeur-saturateur, riscaldatore-saturatore, o più semplicemente bouillotte, costituito da un recipiente cilindrico 2 (v. schema sotto riportato) collegato da un lato ai serbatoi dell'aria compressa 1 e dall'altro al cilindro motore 3 attraverso un regolatore di pressione 6.

La bouillotte è piena per circa 3/4 di altezza di acqua mantenuta a temperatura elevata, da 150 a 200 °C (secondo il tipo di rotabile) e l'aria compressa, alla pressione dei serbatoi ossia da 30 a 80 kg/cm2, vi penetra dal tubo 4, l'uscita del quale è coperta da una calotta dotata di piccoli fori; l'aria si suddivide quindi in filetti di sezione ridotta e va a riempire la parte alta del recipiente in primo luogo riscaldandosi e in secondo luogo arricchendosi in vapore acqueo. Si evita così la formazione di ghiaccio all'espansione attraverso il regolatore 6, mentre l'aria, giunta nel cilindro motore 3 a pressione ridotta a 5 kg/cm2 o poco più, mantenendo ancora una temperatura più o meno elevata, non solo cede il proprio calore sensibile residuo alle pareti del cilindro, ma il cilindro riceve altro calore dalla condensazione del vapore acqueo (calore latente). La bouillotte, costituita da un recipiente in grado di resistere alla pressione del vapor d'acqua alla temperatura prevista, dispone dei raccordi 7 per il riempimento dell'acqua e 8 per l'iniezione di vapore surriscaldato per portare l'acqua alla temperatura voluta.

Il regolatore di pressione (figure a destra) è del tutto analogo, salvo qualche particolare costruttivo, agli attuali regolatori per gas compressi, come quelli applicati alle bombole di gas liquido. L'aria, alla pressione dei serbatoi, dallo spazio A può passare alla camera F e da questa alla tubazione K verso i cilindri, attraverso la valvola conica J comandata dalla membrana G. Supponiamo, per il momento, che al di sopra di G vi sia una molla che può essere più o meno compressa dalla vite comandata dal volantino; comprimendo la molla la membrana si sposta verso il basso e provoca l'apertura della valvola, col che un certo quantitativo di aria passa da A in F e da qui nella tubazione che porta ai cilindri; il processo seguita fintanto che la pressione in F equilibra la pressione data dalla molla e la valvola si richiude. Per ogni posizione del volantino la pressione in uscita dal regolatore è una ben definita, che è continuamente corretta dall'equilibrio della membrana; la pressione in uscita dal regolatore è, in ampi limiti, indipendente dalla pressione nei serbatoi e dalla quantità di aria utilizzata nei cilindri.

Si noterà però che nella figura non vi è nessuna molla: il Mékarski, per ottenere l'elasticità nel collegamento, preferisce ricorrere al riempimento con acqua della camera H, facendo poi penetrare nella stessa la campana M piena d'aria; non si vede il vantaggio di questa disposizione idro-pneumatica rispetto all'impiego della molla adottata in tutti gli attuali regolatori di pressione, ma spesso nello studio degli antichi meccanismi ci si trova di fronte a soluzioni incomprensibili. C'è anche da osservare che, per quanto la costruzione sia precisa, occorrerà periodicamente rifornire di acqua la camera H ed allo scopo è previsto quella specie di piccolo imbuto che si nota sulla destra.


Riscaldamento e rifornimento della bouillotte ad un capolinea (Nantes, 1900).

* * *

Non considerando precedenti realizzazioni più o meno sperimentali, quali un piccolo trattore per uso interno in stabilimenti industriali, la prima motrice ad aria compressa sistema Mékarski circola su una linea della soc. Tramways Nord, alla periferia di Parigi, all'inizio del 1876. E' una vettura della capacità di 20 passeggeri nella corsia e 14 nella piattaforma posteriore, a due assi di 2083 mm di interasse e ruote di 711 mm di diametro; uno dei due assali è azionato da due cilindri di 125 mm di diametro e 250 mm di corsa (fig. 1). L'impianto pneumatico è costituito da otto serbatoi cilindrici posti nel truck di diametro di 300 e 400 mm, della capacità di circa 2000 litri d'aria a 25 kg/cm2, tra loro collegati per formare il serbatoio principale; una bouillotte alta 1520 mm e del diametro di 356 mm è riempita per tre quarti, circa 160 litri, con acqua a 171 °C, corrispondenti alla pressione di poco più di 7 kg/cm2; il riduttore di pressione porta l'aria da 25 a 5 kg/cm2 per immetterla nei cilindri. I risultati di esercizio avrebbero dato un consumo d'aria di 194 litri/km, mentre all'incirca la metà dell'acqua della bouillotte sarebbe stata rifornita per ogni viaggio di andata e ritorno; la T.N. ordina allora al Mékarski cinque locomotori ad aria compressa, che daranno però luogo a gravi incidenti e saranno ben presto tolti dal servizio. Successivamente il Mékarski avrebbe realizzato una motrice ad imperiale utilizzando un truck in grado di contenere 12 serbatoi (fig. 2).


Fig. 1.


Fig. 2.

A partire dal 1879 molte città di provincia, non solo in Francia ma anche in minore misura in Belgio e in Svizzera, si dotano di reti tramviarie ad aria compressa, quasi ovunque sistema Mékarski; l'impianto di Nantes sarà notevole per la sua longevità, restando attivo fino al 1917. E' invece solo dal 1887 che il sistema appare applicato su larga scala a Parigi, dove al momento operano varie compagnie più o meno indipendenti tra loro; nella tabella che segue sono riportati i dati noti di queste installazioni insieme ad alcune notizie sul loro esercizio.

Alcuni dati di esercizio ad aria compressa sulla rete di Parigi, 1887-1907

esercizio vetture impianto cons. note
soc. * apert. fine linee quant. passo lungh. largh. tara pass. serb. press. pr. cil. bouill. °C kg/km
CFN 1887-1894 1900 3 19 1900 7530   10 50 3100 45 6 200 155 10 1
TSM 1894-1899   4 10+4#             15#         2
CGO 1894 1907 2 28 900 6550 2120 16,5   530 kg 80 6 300+175 190 12 3
CGO 1894 1907 1 31 1900 8100 2100 11,5 50 2500 60 7 275 165 15 4
CGO 1900 1907 8 148 1900 8320 2000 14 52 2728 80 8-10 v. nota     5

Note.

* Società della rete parigina: CFN, Chemins de Fer Nogentais; TSM, Tramways de Saint-Maur; CGO, Compagnie Générale des Omnibus.
Motrici Mékarski a due assi, unidirezionali, ad imperiale (ad eccezione dei locomotori). Misure in mm, tonn, litri, kg/cm2 (salvo contraria indicazione).
# Dati di quattro motrici sistema Popp-Conti (ved. oltre).

  1. Ricarica di aria e riscaldamento bouillotte inizialmente ad ogni corsa presso il deposito, durata 15 min; successivamente installati due punti di ricarica intermedi collegati per l'aria all'officina centrale, ma dotati di generatori di vapore per le bouillottes.
  2. Ricarica di aria ad ogni corsa al deposito.
  3. Fig. 3. Locomotori bidirezionali su truck a tre assi ad aderenza totale con trasmissione a bielle, distribuzione Walschaërt e freno ad aria compressa in servizio su linee periferiche e extraurbane. Le motrici Mékarski messe in servizio nel 1894 sono ritirate quasi subito per numerosi inconvenienti e riappaiono in servizio solo nel 1896. Ricarica di aria e riscaldamento bouillotte ad ogni corsa presso il deposito e in due punti collegati per l'aria all'officina centrale, ma dotati di generatori di vapore per le bouillottes; altri punti di ricarica saranno successivamente installati.
  4. Motrici ad aderenza totale con trasmissione a bielle; distribuzione Walschaërt; freno ad aria compressa; potenza circa 35 CV. Utilizzate anche con rimorchio da 9 tonn. Ricarica di aria e riscaldamento bouillotte in due stazioni, successivamente portate a tre, collegate all'officina centrale.
  5. Fig. 4. Le prime 88 motrici sono dotate di bouillottes di tipo convenzionale come le precedenti; sulle successive saranno montate delle bouillottes da 150 litri con riscaldamento autonomo a carbone (sistema Bonnefond) e rifornimento di acqua da un serbatoio interno da 90 litri con pompa di alimentazione. A partire dal 1904 tutte le motrici Mékarski della CGO saranno modificate in tal senso.

Certamente a causa della complessità dell'impianto che conseguirebbe all'impiego di due bouillottes indipendenti sulle vetture, le motrici sono tutte unidirezionali, con le conseguenti difficoltà di inversione di marcia ai capolinea, allora tutti a binario tronco, ciò che in gran parte dei casi porterà alla necessità di installare piattaforme ruotanti come nei depositi locomotive; i locomotori sono invece bidirezionali, evidentemente per semplificare lo spostamento della macchina ai capolinea.

Oltre al Mékarski, altri costruttori si cimentarono in vari ritrovati nel campo della trazione ad aria compressa. Con il sistema Popp-Conti le motrici, dotate di serbatoi a bassa pressione, avrebbero dovuto ricaricarsi automaticamente in determinati punti della linea ma, dopo gli inconvenienti di esercizio verificatisi sin dall'inizio, furono ben presto sostituite dalle Mékarski.


Figg. 3 e 4.

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Fonti

Revue tecnique de l'exposition universelle, 1878.
Mémoire de la Société des ingénieurs civils, vol. 29 (1876) e 38 (1882).
C. D. Kinnear - Tramways, construction et exploitation, 1880.
P. L. Guedon - Le mecanicien wattman, 1909.
J. Robert - Le tramway parisiens, 1959.
La nature, nn. vari.
La lumière électrique, nn. vari.

 
 
     
     
     
 
 
 

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Ultimo aggiornamento: giovedì 07 dicembre 2023