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La storia del trasporto pubblico di Roma raccontata con passione e per passione. Sito fondato da Vittorio Formigari, online dal 1999 |
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La rete tranviaria urbana di Roma |
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IL RISCATTO MANCATO DELLA RETE SRTO |
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di Mauro Di Pietrantonio |
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Il decreto luogotenenziale 14 febbraio 1918, n. 196 estende ai dipendenti delle aziende di trasporto l'indennità cosiddetta di caro-viveri,un soprassoldo istituito l'anno precedente che le aziende pubbliche e quelle private che esercitano servizi pubblici "sono obbligate a corrispondere [...] ai loro impiegati il cui stipendio mensile, o ragguagliato a mese, non ecceda le 200 lire nei Comuni la cui popolazione non superi i 40.000 abitanti; le 300 lire nei Comuni da 40,001 a 90.000 abitanti e L. 375 nei Comuni con più di 90.000 abitanti". SRTO e ATM, a prescindere dallo stato patrimoniale, devono erogare una serie di compensi aggiuntivi agli agenti, sia avventizi che effettivi, rivalendosi con una tassa di bollo sui biglietti e gli abbonamenti. La norma è stata successivamente emendata dal D.L. 20 luglio 1917, n. 1159, nel quale si prevede che il gettito degli aumenti tariffari non utilizzato debba essere versato ad un Comitato per la salvaguardia dell’ordine pubblico, istituito per far rispettare le norme di oscuramento e di risparmio energetico, ma nella realtà le cose vanno in modo diverso. Il sindaco lo scrive al prefetto il 23 settembre 1918: «questo comune verrà ad avere una cospicua perdita, sia per le tramvie concesse all’industria privata, per minori partecipazioni sul prodotto lordo dovute alla diminuzione del traffico in seguito all’inasprimento gravissimo del costo del biglietto, sia per le tramvie municipalizzate, per minori utili di esercizio". | ||||||
La richiesta di Roma è la stessa di molti altri comuni, si chiede un sostegno economico dello stato in forma di trattenuta della quota eccedente il gettito per ripagare i maggiori oneri. Il governo, con i D.L. 23 aprile 1918, n. 560, e 6 settembre 1918, n. 1587, conferma il versamento al comitato, ma istituisce appositi capitoli di spesa per rifondere le quote di caro-viveri, la cui erogazione non potrà però cominciare prima dell’esercizio di bilancio 1920 | ||||||
Il comune di Roma, che ha dato il via alla costruzione del deposito di piazza d’Armi rinviando sine die l’acquisto dei nuovi rotabili, è costretto ad accendere sei mutui, per un totale di 10 milioni di lire, dal momento che deve erogare i fondi per l’ATM ed anticiparne una quota consistente alla SRTO, il cui personale, pur dipendente di una società privata, è comunque addetto ad un servizio pubblico concesso dall’amministrazione pubblica. |
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Deve inoltre provvedere con urgenza alla costruzione della linea tranviaria di Monteverde, per la quale si decide di seguire il percorso previsto come raccordo di servizio per via Morosini e via Dandolo. La linea è costruita in via abbastanza precaria, a semplice binario, recuperando le rotaie posate nel 1911, al momento inutilizzate, sul lungotevere Arnaldo da Brescia. Seguendo il ragionamento già seguito per le linee 21 e 24. nel 1916 la linea di Monteverde è affidata alla SRTO. | ||||||
In questa situazione di assoluta incertezza, co un intervento del governo promesso più volte e mai emanato, la scadenza delle concessioni alla SRTO costituisce un problema serio, ben illustrato dal prefetto in una lettera al ministro dei lavori pubblici, dove fa presente che «se l’amministrazione decidesse di procedere all’assunzione diretta delle linee ora esercitate dalla Società, si troverebbe di fronte ad una spesa così grave d’impianto da porre forse in pericolo le sorti del servizio che andrebbe a municipalizzare. Se decidesse invece di far precedere all’assunzione diretta del servizio un periodo di tempo, durante il quale la Società, in base a nuovi patti e a nuove convenzioni manterrebbe l’esercizio, il Comune inevitabilmente dovrebbe sottostare ad un gravissimo sacrificio per il riscatto in base ai prezzi attuali» | ||||||
A sensibilizzare il Consiglio comunale in proposito è l’assessore Francesco Saverio Dè Rossi, alto funzionario del Ministero dei Lavori Pubblici chiamato all’inizio del 1917 a reggere l'assessorato ai servizi tecnologici. | ||||||
In una lunga e dettagliata relazione fa presente che il vero problema non è il termine della concessione, fissato per quasi tutte le linee al 31 agosto 1920, ma quello che dovrà fare il comune a partire dal giorno successivo. Cosa accadrà, si chiede l’assessore, se la SRTO rifiuterà di accordare una proroga che appare sempre più necessaria? Il mancato rinnovo della convenzione, allo stato dei rapporti con la società ben più che probabile, comporterebbe la sospensione delle linee 1, 2-10, 3, 3 rosso, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 12, 13, 19, 20 e 21 stante l'impossibilità di sostituire gli impianti di Borgo Vecchio, ponte e corso Vittorio Emanuele, via del Plebiscito, piazza San Silvestro, via della Mercede, via Capo le Case, via F. Crispi, via Q. Sella, largo e via di Torre Argentina, via S. Eufemia, Foro Traiano, via Alessandrina, via Cremona, lung.. dei Pierleoni e Testaccio, via XX Settembre, via dei Cestari, Salita de' Crescenzi, Pantheon, via Giustiniani, via della Scrofa e via di Ripetta | ||||||
Non esistendo al momento altra scelta il De Rossi, debitamente autorizzato dalla Giunta comunale, intavola una trattativa con la SRTO, al momento presieduta da Filippo Genovesi e diretta dall’ing. Egisto Grysmayer, che porta ad un “verbale di accordi fra il comune di Roma e la SRTO per cessione dell’impianto tramviario ed esercizio del medesimo”. L’accordo, frutto di una trattativa di vari mesi e corredato da un meticoloso piano finanziario, si può riassumere come segue | ||||||
Il progetto De Rossi è palesemente viziato dall’interesse particolare della SRTO. Lo si evince dall’analisi del piano finanziario, in particolare dalla previsione di incassare dalla SRTO circa 260.000 lire l’anno per il pedaggio dei binari. Poiché il comune deve farsi carico di 6.840.000 lire per l’acquisto dei binari stessi, escludendo qui i casi speciali delle rotaie leggere e del percorso di via Milano, il relativo mutuo (le cifre sono quelle esposte dal De Rossi) graverebbe per 350.100 lire annue in tasse e interessi sul prestito, alle quali si deve aggiungere una spesa per manutenzione e rinnovo dei binari di 405.200 lire. La perdita prevista di 504.300 lire si dovrebbe compensare con la tassa di una lira sugli abbonamenti e di 5 centesimi sulle corse serali, da aggiungersi alle tasse di bollo introdotte dalle norme sul caro-viveri, che produrrebbero un utile totale di 332.000 lire a totale carico dei cittadini, senza fare alcuna previsione circa la copertura delle rimanenti 172.300 lire. Se ciò non bastasse, alle spese citate si deve aggiungere un onere quantificato in 455.700 lire all’anno per 13 anni, quale interesse sulle residue obbligazioni della società ancora circolanti, che il comune (che ne ha per la gran parte imposto l’emissione), si dovrebbe impegnare ad estinguere. |
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L’applicazione rigorosa delle clausole previste nell’accordo, inoltre, abbassa il prodotto lordo della rete in media di 1.100.000 lire, poiché l’istituzione degli abbonamenti mensili avrebbe spinto la gran parte dei cittadini a valersi delle tariffe oltremodo convenienti. Il calcolo lo fa l’Assessore Dè Rossi nella sua relazione: «poiché la tariffa media sarà di 15 centesimi, i due viaggi giornalieri di andata e ritorno, compiuti dai cittadini per 6 giorni alla settimana, comporteranno una spesa totale di 7,80 lire in un mese, 20 cent. in meno rispetto all’abbonamento mensile ad un solo settore. Ciò posto, è indubbio che i cittadini fruiranno del loro abbonamento anche nei giorni di festa, risparmiando per ogni mese non meno di 1 lira a fronte di una maggiore possibilità di movimento». | ||||||
Tutto questo, si badi bene, per ottenere dalla SRTO la circolazione entro dieci anni di quelle 226 vetture motrici giornaliere (contro le 170 che fa uscire in media), previste dai contratti in vigore, numero peraltro aumentato a 228 coi capitolati aggiuntivi per le linee 21, 24 e 25, il cui rispetto è stato da sempre condizionato a pretese assurde | ||||||
L’esame della Giunta comunale si articola in sei sedute tenute dal 21 novembre 1917 al 30 gennaio 1918, che si rivelano di fatto un mero confronto tra le due correnti dei fautori della trattativa e dei sostenitori della municipalizzazione a qualsiasi costo. Tra questi ultimi particolarmente attivo è l’ing. Annibale Sprega, assessore ben noto per i suoi progetti di ammodernamento di alcuni servizi essenziali come la nettezza urbana e la pubblica illuminazione, oltre che per la guida della Associazione tra gli utenti di caldaie a vapore e a gas. L’ing. Sprega va oltre il dibattito politico, e per informare nei dettagli la cittadinanza tiene comizi pubblici e scrive una lunga serie di articoli sul quotidiano “La Tribuna”, dai quali si apprende che «nella seduta della Giunta tenuta il 30 gennaio 1918, dopo che l’assessore De Rossi ebbe tentato di confutare ancora una volta quanto era stato oppugnato contro il suo progetto, la discussione ebbe termine col seguente ordine del giorno, che fu accettato unanimemente, e quindi anche da De Rossi: “‘la Giunta, non ritenendo accettabili le proposte della società R.T.O. delibera che si proceda agli studi occorrenti per l’assunzione diretta dell’impianto e dell’esercizio delle linee tramviarie, la cui concessione andrà a scadere nell’agosto 1920». Il rifiuto è giustificato, ogni altro aspetto particolare a parte, da una questione di principio: non è ammissibile «che l’interesse pubblico debba soggiacere alla speculazione ingiustificata, per non dire illecita, del privato [poiché] il problema ammette una terza soluzione che assicura sempre la continuazione del servizio, salvaguarda gl’interessi della collettività e non lede quelli del concessionario purché, s’intende, non si vogliano compresi in questi ultimi, i lucri non dovuti perché dipendenti unicamente dallo stato di guerra» | ||||||
Questa terza soluzione si concretizza di li a qualche mese quando il governo vara finalmente il promesso intervento, concretizzato nel decreto luogotenenziale 14 luglio 1918 n. 1447. Nel presentarlo al governo il ministro degli interni fa presente che «la spesa che i comuni dovrebbero sostenere per il rilievo degli impianti, in base agli elevatissimi prezzi ora raggiunti dal materiale, elimina ogni convenienza a procedere alla municipalizzazione dei servizi stessi, e d’altra parte [...] le eventuali innovazioni delle convenzioni non potrebbero effettuarsi che a condizioni svantaggiose per i comuni». Con il decreto «si dispone che la decorrenza dei termini anzidetti sia sospesa per tutta la durata della guerr, e fino a sei mesi dopo la pubblicazione del trattato di pace». |
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Lo stesso decreto (difetti della legislazione di emergenza), prescrive però che i comuni devono assumere i servizi non appena sia possibile, immediatamente e a prescindere da qualsiasi altra condizione. Tale clausola consente alla SRTO di approfittare ulteriormente della situazione non solo per lucro, ma anche per rivalersi delle perdite economiche legate al rifiuto delle proposte che ha ripetutamente presentato al comune fin dal 1909. La società, che si è dichiarata sciolta da ogni impegno già col rifiuto del progetto De Rossi, chiude la porta ad ogni trattativa, e con chiaro intento di rivalsa si avvale dell’art. 3 del decreto, che obbliga i comuni ad assumere i servizi subentrando nell’attivo e nel passivo, sulla base del semplice rifiuto dei concessionari a qualsiasi altra soluzione. A tale scopo dichiara ufficialmente che intende procedere alla cessione della rete (escluse le linee 15 e 16, che sono concesse fino al 1949), alla nuova scadenza del 31 dicembre 1919. |
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Non potendo più avanzare alcuna pretesa oltre il dovuto la società preferisce quindi “accontentarsi” dei circa dieci milioni di lire che le saranno dovuti quale indennità di riscatto per formare una parte del capitale che sarà alla base della SEFI, in cui intende rifondarsi allo scopo di assumere l’esercizio delle ferrovie Civitavecchia-Orte e Roma-Ostia. |
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Per il comune la situazione si fa a questo punto critica. Quei “circa dieci milioni di lire” sono in realtà molti di più perché già da un primo preventivo la spesa per il solo riscatto è stimata in 15.000.000, ai quali si devono aggiungere ulteriori 13.000.000 per una serie di interventi mirati alla fusione delle due reti, adeguamento di impianti e rotabili sociali agli standard municipali e, infine, per l’acquisto di nuovo materiale rotabile. Se ciò non bastasse devono prevedersi per tempo i necessari aumenti patrimoniali destinati all’ATM, che assieme alla rete deve assorbire anche il personale della SRTO. |
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Il piano è rapidamente elaborato dopo il perentorio rifiuto della SRTO, deliberato da un’assemblea degli azionisti appositamente convocata, di accettare una proroga al 31 dicembre 1923. |
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La relativa proposta, intitolata “richiesta alla SRTO di una proroga per un triennio delle concessioni tramviarie che hanno la loro scadenza nel 1920”, è stata discussa il 23 gennaio 1919, nel corso di una seduta più volte interrotta per il clima di scontro non solo verbale che la caratterizza. La minoranza favorevole alla trattativa con la SRTO lancia un duro attacco politico contro l’assessore Sprega, capro espiatorio di tutti i fautori della municipalizzazione ad oltranza, accusato (non del tutto a torto), di aver fatto naufragare il progetto De Rossi senza prevedere alcuna alternativa, ed anzi chiudendo definitivamente la porta ad ogni possibilità di trovare un accordo col concessionario. |
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L’assessore Sprega, per nulla turbato, ritiene che si sia proprio in virtù del principio che si debba respingere ogni proposta di trattativa con la Romana. Se è vero che il Comune non è in grado di riscattare ed adeguare la rete sociale, se non a fronte di un gravoso sacrificio economico, altrettanto vero è che qualsiasi decisione non può che passare attraverso le norme del decreto. Approvata la richiesta di proroga nulla impedisce alla SRTO di avanzare delle proposte nei due mesi che ha per accettare o rifiutare, ma comunque vadano le cose l’interesse pubblico è salvaguardato, e per due buoni motivi: se la proroga viene accettata il Comune può sostituirsi nell’esercizio a danno del concessionario eventualmente inadempiente; se non viene accettata la conseguente liquidazione del riscatto, per quanto gravosa possa essere, viene quantificata a mezzo di un arbitrato o con patto giudiziale, evitando di esporre il comune al rischio di pagare per nuovo materiale usato e di dover per giunta onorare il risarcimento dei danni eventualmente lamentati. |
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I sacrifici cui il comune sarà chiamato a far fronte, sostiene Sprega, vanno quindi ben oltre l’acquisizione «di un sistema fatiscente e malridotto», perché si «dovrà procedere a un riordinamento generale della rete [sociale] coordinandola con quella dell’Azienda Comunale, secondo un piano regolatore tramviario ben studiato e trasformando in sotterranee a doppio binario tutte le linee che attraversano ora il cuore della città […] Tale eliminazione non solo varrà ad eliminare [i conflitti con la circolazione ordinaria], ma ridarà a tante vie e piazze cittadine il loro aspetto caratteristico, che in molti casi ha sapore artistico e di importanza storica, e che ora è alterato in malo modo dai pali, dai fili e dai carrozzoni del tram». |
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Come si pensasse di poter salvaguardare l’interesse pubblico non appare del tutto chiaro. Messa da parte la questione prettamente politica tra i due schieramenti, è indubbio che l’ing. Sprega si stia facendo portavoce di interessi che nulla hanno a che fare col servizio. La richiesta di una proroga triennale che la SRTO ha tutto l’interesse a rifiutare sembra infatti essere un pretesto per perdere tempo, e far giungere il Comune alla scadenza del 31 dicembre impreparato dal momento che, a prescindere dalle modalità, non potrà onorare il riscatto e provvedere ad alcun lavoro se non tramite l’accensione di mutui per decine di milioni | ||||||
Una conferma in tal senso si trova in alcuni dati che espone in consiglio comunale, laddove definisce le vetture SRTO antiquate e pesanti, al punto da imporre spese di manutenzione stradali superiori di £ 2,67/m2 per le strade selciate e di £ 0,61 per quelle inghiaiate. Secondo Sprega per le strade percorse dalla Romana il comune spende ogni anno circa 966.000 lire, perdendone in media 70.000 sul contributo di 895.700 dovuto dal concessionario. Poiché la spesa per le strade percorse dall’ATM ammonta a 220.000 lire con utile di 143.000 (stante un contributo di 100.000 lire ed utili di 265.000), si potrebbe pensare che l’esponente comunale voglia semplicemente far fuori le tecnologie antiquate della Romana, ma le cose stanno diversamente. L’obiettivo di Sprega, denunciato a gran voce dal Dè Rossi, è l’eliminazione del tram dalle strade del centro di Roma, da sostituirsi con linee di autobus da affiancare ad una rinnovata rete tranviaria municipale, i cui binari non superino i confini della mura aureliane. |
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L’esercizio in economia di una rete di autolinee municipali rientra effettivamente nei programmi al medio periodo dell’ufficio tecnologico, che a tale scopo ha indetto una gara d’appalto per la fornitura di un primo gruppo di vetture, ma rinunciare da un giorno all’altro ad un’intera rete tranviaria è impensabile. I costi di esercizio degli autoservizi sono all’epoca altissimi, e ben lo sanno in Campidoglio, dal momento che tra i passivi che la SRTO sta per sbolognargli ci sono anche 15.000 obbligazioni che a suo tempo ha emesso per l’esperimento delle autolinee. L’idea di lasciare semplicemente inattiva la rete tranviaria centrale alla scadenza del 31 dicembre non viene nemmeno presa in considerazione, e non c’è da sorprendersi. |
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La ragioneria comunale sta predisponendo gli schemi di spesa da sottoporre all’approvazione di giunta e consiglio, e le notizie sono tutt’altro che buone. La somma dovuta alla Romana ammonta a poco più di 14.000.000, l’onere per i lavori di riqualificazione e adeguamento della rete ex sociale, da attuarsi entro il 1923, viene alla fine quantificato in un totale di 15.625.000 lire, ma la relazione allegata avverte che quest’ultima spesa si basa su una valutazione in difetto dei costi effettivi, non quantificabili a causa della guerra. | ||||||
A ribadirlo con forza, di li a poco, è la Giunta Provinciale Amministrativa, chiamata a ratificare questo primo preventivo, predisposto il 27 marzo 1919. La relativa delibera, adottata nelle sedute del 7 e 18 luglio 1919, è ratificata con l’avvertenza che «è prevedibile un aumento nelle spese necessarie ad attuare il servizio municipalizzato, che farebbero cambiare le basi del piano finanziario, alla qual cosa potrebbe provvedersi con opportuni provvedimenti a tempo debito». In effetti «dall’epoca in cui fu presa la deliberazione consiliare ad ora [la moneta] ha continuato nel cammino di svalutazione, le condizioni del mercato, anziché migliora te, si sono rese più difficili [...] tanto che il ferro, quotato da 600 a 2000 lire du-rante la guerra, e che era disceso a 650 a novembre, è poi risalito a 1200 e oltre». Il piano prevede un impegno totale di 28.000.000, suddiviso in spese direttamente legate al passaggio di esercizio e spese per costruzioni, nuovi impianti e forniture urgenti ma non indispensabili al momento del riscatto | ||||||
Per i tempi della stesura e approvazione in commissione la delibera giunge in consiglio quando è già palese che le stime sono sottodimensionate rispetto all’effettivo andamento del mercato, tanto che alla ratifica della Giunta Provinciale è già in corso lo studio per l’aggiornamento delle previsioni di spesa, la cui delibera può essere approvata solo il 19 dicembre 1919, quando mancano undici giorni alla scadenza del riscatto. I dettagli del nuovo piano, per un totale di 28.200.000 lire, ai quali si devono aggiungere i 14.918.000 per il riscatto, sono pubblicati a seguire, e danno un’idea del grave impegno economico sostenuto dal comune, affrontato con sette mutui per un totale di 32.000.000 | ||||||
Dallo scontro tra fautori della trattativa e della municipalizzazione a lungo andare è stato sconfitto il Comune, e quell’interesse pubblico che Sprega e Dè Rossi pretendevano di voler tutelare, anche perché il confronto è ben lungi dall’essersi concluso. Il passaggio di linee, rotabili ed impianti è subordinato alla compilazione di un verbale di consegna, e trovare un accordo con la SRTO è tutt’altro che facile. Con una società che ha posto condizioni assurde perfino per rispettare i termini dei contratti c’è da aspettarsi di tutto, specie ora che la controparte si trova con l’acqua alla gola. Il tempo sprecato in una richiesta di proroga che solo un pazzo avrebbe accettato ha infatti rinviato l’avvio di questo fondamentale adempimento, al punto che le verifiche di circostanza iniziano il 9 novembre per i binari, il 10 per le vetture e il 21 per la sottostazione di via Baccina. Sono ancora da avviare quelle per gli impianti elettrici, il deposito di Porta Maggiore e le forniture di magazzino, e non c’è un accordo nemmeno per le tre commissioni congiunte che devono verificare i documenti ufficiali della società (libri contabili, contratti, corrispondenza). |
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La SRTO, che con l’indennità di riscatto ha ben coperto i suoi impegni nella SEFI, deve unicamente garantirsi le migliori condizioni per proseguire l’esercizio delle linee 15 e 16 e a tale scopo limita la propria collaborazione al minimo essenziale di un impiegato per ognuna delle verifiche in corso. I problemi sono ben riassunti in una lettera dell’Ufficio Tecnologico indirizzata alla Romana il 24 novembre; premesso che la società conserva, com’è sua facoltà, la sola documentazione successiva al 1 gennaio 1906, «dai libri contabili si sono potuti ricavare parecchi dati, ma ne mancano ancora moltissimi, che dai detti libri non possono ricavarsi, in quanto che le relative partite non sono ben definite sui medesimi o sono conglobate in altre partite complessive». |
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La contabilità sociale, in altre parole, è tipicamente finanziaria, ripartisce le attività e le passività in voci cosiddette “serbatoio”, dalle quali non è possibile risalire alle singole partite senza quella documentazione specifica che, è presumibile, si è avuto interesse a far sparire. Gli incaricati del Comune non possono così stabilire i costi originari dei materiali, da cui dedurre la quota del consumato, e sono costretti a stimarli sulla base di calcoli effettuati sulle quantità, ovvero di deduzioni da vecchi listini. Il risultato è che al 1 gennaio 1920 la consegna dell’intero compendio, escluse le linee 15 e 16, non può aver luogo se non sulla carta di un verbale. |
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Nel documento, redatto lo stesso giorno, troviamo che in un atmosfera tutt’altro che amichevole (non meraviglierebbe la notizia che dalle parole i rappresentanti delle due aziende siano passati ai fatti), la SRTO dismette il deposito di Porta Maggiore, la sottostazione elettrica di via Baccina e l’intero suo parco rotabile con l’eccezione di quanto si riserva per l’esercizio delle linee 15 e 16. Facendosi forza del D.L. 1447 tiene per se il materiale migliore, le 41 motrici 390-400 e 420-449 (cioè le Westinghouse), e l’intero parco dei 30 rimorchi allora disponibili (ne mancano dieci, si ignora la fine che abbiano fatto), un numero di rotabili superiore di un terzo all’effettivo fabbisogno delle due linee, ed ha anche provveduto a svuotare l’impianto di Porta Maggiore di ogni macchinario utile, della mobilia e perfino dei materiali di infimo valore utilizzati per la pulizia, lasciandovi per contro le motrici a terrazzini, le Torpediniera e le Ringhoffer, oltre a una serie di conti ancora da pagare (elettricità, acqua, tasse immobiliari). |
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Si giunge così all’assurdo che il Comune deve far proseguire in via precaria parte dell’esercizio ad una SRTO che come tale è ormai solo un’entità virtuale, una semplice ragione sociale funzionale agli interessi della SEFI. Con buona pace di chi pretendeva di salvaguardare l’interesse pubblico l’amministrazione deve quindi sobbarcarsi la spesa di 0,45 lire per Km di linea esercitato dalla Romana (che oltretutto trattiene per se una quota del 20% sui biglietti venduti), su impianti e con rotabili che di fatto già gli appartengono. |
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Ultimo aggiornamento: sabato 30 dicembre 2023 |