Era il 1966 quando con i miei, all'età di otto anni, andai ad abitare nella zona del Quadraro nuovo,
nei palazzoni fatti costruire da Armelini e Apolloni lungo l'attuale viale dei
Consoli. Venivamo dal quartiere di Centocelle e ricordo ancora la felicità di
mia madre nel trasferirsi in questa nuova abitazione, più bella e confortevole.
Le strade prospicenti non erano ancora asfaltate, ma anche in me il piacere del nuovo doveva essere forte.
Il primo impatto con i tram della linea Termini-Cinecittà non fu però positivo: questi mezzi mi
sembravano più brutti di quelli a cui ero stato abituato negli anni
precedenti, il trenino di Centocelle e i treni della Fiuggi, anche se con il
passare del tempo cominciai ad affezionarmi al tranvetto, come
lo chiamava mio padre. Il vero peccato fu che arrivai a poter seguire
più attentamente le vicissitudini della linea di Cinecittà quando il suo declino
era ormai inesorabile.
Intorno al 1967 come sussidio al servizio ordinario nelle ore di punta, in particolare la mattina, erano
utilizzate le sei 5000 ex ATAC, le triestine, le bolognesi e qualche residua motrice a
quattro assi (doveva trattarsi sicuramente delle 64, 70 e 82).
In via Appia, la 5013 ex ATAC con una interurbana a quattro assi; una bolognese.
Quando nel 1972, finite le scuole medie, mi iscrissi al liceo scientifico di via Tuscolana, l'utilizzo
del tram divenne per me praticamente quotidiano. La mattina prendere il tram era
un'avventura in quanto sul viale dei Consoli le vetture arrivavano
strapiene e spesso erano costrette a saltare le ultime fermate: talvolta le porte non si chiudevano neppure.
Comunque in un pigia pigia pauroso il tram
impegnava la salita del Quadraro con grande forza (più veloci ricordo come fossero
sia le Stanga che le piccole triestine) e affiancandosi
all'acquedotto Felice dove la linea passava tra vari scambi in una zona
erbosa, riprendeva la Tuscolana fino a via delle Cave, dove scendevo per il
mio dovere quotidiano.
Le triestine sulla linea di Cinecittà: in via Tuscolana e lungo l'acquedotto Felice.
Il ritorno non era meno complicato, in coincidenza con
l'uscita dalle scuole di noi studenti. Caratteristica la deviazione che
imponeva la tram di girare intorno al grande pino vicino a Porta
Furba; inoltre la discesa del Quadraroera spesso impegnata dal
tram in grande velocità: le 500, dotate di frenatura elettrica,
venivano sfruttate in questa loro potenzialità anche se spesso con le rotaie
bagnate si rendeva necessario l'uso delle sabbiere.
Delle 500 ricordo un particolare curioso: l'apertura della porta centrale
avveniva semplicemente ponendosi sul gradino interno, dopo l'apertura di quella
anteriore da parte del conducente. Questo sistema, analogo a quello adottato
all'inizio sulle 7000 dell'ATAC, fu soppresso sul finire degli anni '70 con il
comando della porta centrale dato dalla seconda posizione della manetta del
rubinetto dell'aria compressa, posta a destra sul banco. In quegli
anni sia sulle Urbinati serie 400 che sulle 500 c'erano due posti per il
bigliettaio, praticamente uno di fronte all'altro; quello a sinistra fu
soppresso qualche anno dopo.
Anche se raramente, capitavano degli incidenti lungo la linea. Il più grave ricordo avvenne durante una
delle famose domeniche senza senza auto nel 1973 a causa della crisi
petrolifera. In quelle giornate non essendoci auto in circolazione i mezzi
pubblici andavano sicuramente più veloci del solito: la Urbinati 402,
partita dal capolinea di via Amendola, si scontrò violentemente con
l'articolata ATAC 7061 della linea 12 proveniente da via Manin; vi
furono dei feriti e il tram ATAC fu sbalzato dalle rotaie finendo sul
marciapiede. Le due vetture per parecchi mesi furono accantonate per la
riparazione.
A proposito della manutenzione dei tram Stefer, nel deposito di via Appia, ricordo che periodicamente i tram
venivano riverniciati in un capannone a vetri posto sulla sinistra del
fabbricato. In quegli anni mi piaceva vedere come ogni tanto qualche tram
uscisse tirato a lucido: sembrava quasi che per le tranvie dei Castelli
la storia fosse destinata a continuare.
Il canto del cigno delle due linee superstiti iniziò con l'approssimarsi dell'inizio
del servizio della linea A della metropolitana: cadde dapprima la
Termini-Capannelle, sostituita nel 1978 dalle linee autobus 663 e 664
dell'ATAC e si resero disponibili più vetture:
negli ultimi mesi di esercizio anche sulla Termini-Cinecittà erano ampiamente utilizzate le
MRS 300 e 320 al posto delle articolate, il che provocava un ulteriore sovraffolamento.
Al capolinea di Cinecittà, una 300 e una 400.
La manutenzione delle linee fu ridotta al minimo, evitando il più possibile la sostituzione di rotaie,
mentre i rotabili con particolari guasti erano accantonati.
Arrivò il 15 febbraio 1980 e a tutti noi affezionati ai tram azzurri non
rimase che rassegnarci a viaggiare nelle nuove vetture della metro,
moderne ma fredde e tutte uguali fra loro, senza quella personalità propria
di ogni singola vettura tramviaria.
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